(segue) Amare i profughi
(28 novembre 1917)
[Inizio scritto]
Non bisogna stupirsi
né
tanto meno irritarsi
se qualche volta accade che i profughi siano
insistenti o si lagnino e esagerino... È umano. Non tutti
sanno affrontare la rovina
con animo fiero. Molti si accasciano. Il
passaggio tra l'ieri e l'oggi è stato troppo rapido e
tempestoso. L'equilibrio delle anime è profondamente turbato.
Un po' di tempo dovrà passare
prima che sia ristabilito.
Ma soprattutto l'amore nazionale
deve andare con predilezione maggiore verso i profughi che sono più
profughi degli altri. Verso quelli che non hanno parenti
conoscenti
amici: che non hanno nessuno. Sono costoro che devono sentire
onnipresente
fraterna
devota la solidarietà della Nazione
che li protegge
li soccorre
li fa suoi. Si cerchi che questa
solidarietà
acquisti il meno possibile l'aspetto odioso di
una elemosina timbrata e burocratizzata. Forse un po' di burocrazia è
inevitabile. Ma accanto alla burocrazia
al disopra delle sue
pratiche
dei suoi numeri
dei suoi sussidi
deve esserci caldo il
soffio dell'amore.
L'invasione nemica deve renderlo
più delicato e profondo
deve stringere più forte il
vincolo fra le genti che vivono dalle Alpi alla Sicilia
oggi
affratellate nel comune dolore e nel comune proposito di lottare e di
vincere; unite
domani
nella esultanza e nella riconsacrazione della
Patria riconquistata sino a Trieste!
|