(segue) Ora sacra
(25 giugno 1918)
[Inizio scritto]
Ci sono delle parole che basta
pronunciare per scatenare un tumulto di sensazioni
per gettare in
piena tempesta la nostra coscienza.
Dite: Gorizia! ed ecco dilatarsi
di imagini splendide; vi par quasi di vedere i battaglioni della
«Casale» e della «Pavia» varcare l'Isonzo
assistete alla scalata del Sabotino
all'espugnazione del San
Michele
all'entrata nella città bellissima tanto contesa e
agognata.
Dite: Caporetto! e le fiamme del
dolore
della rabbia e dell'umiliazione vi salgono in un primo tempo
alla faccia.
Dite: Piave o Grappa! ed ecco un
senso di fierezza vi pervade
un senso di orgoglio vi esalta.
Dopo sette mesi
abbiamo avuto la
nostra quarta settimana di passione. Ma questa settimana si conchiude
con la nostra vittoria. Il mondo intero guarda stupito e commosso
all'avvenimento che ha del prodigioso. Perché non dirlo? Anche
in taluni ambienti delle Nazioni che ci sono alleate
serpeggiava un
po' di scetticismo intorno alla possibilità della nostra
rivincita. Quanto ai neutrali
essi ritenevano ormai il nostro fronte
come secondario
e in ogni caso
respingevano l'eventualità di
una nostra vittoria sugli austriaci. Noi — secondo i neutrali —
eravamo condannati a segnare il passo. La crisi immensa subita dal
nostro Esercito nell'ottobre scorso giustificava in un certo senso
l'opinione pessimista di questi ambienti. Ma nella valutazione della
situazione non si teneva conto di un fatto essenziale: le possibilità
di risorsa di un grande popolo che è fermamente deciso a
combattere e a vincere sono innumerevoli.
Avevamo perduto migliaia di bocche
da fuoco ed ecco in pochi mesi di lavoro frenetico le nostre officine
ci hanno ridotati in quantità superiore a quella precedente;
avevamo perduto decine di migliaia di prigionieri ed è bastato
un rastrellamento modesto fra il nostro materiale umano — senza
bisogno di ricorrere a misture estreme come la leva in massa —
per rimettere in piena efficienza numerica
di uomini e di quadri
il
nostro Esercito. Avevamo in un momento di crisi morale ceduto a un
molteplice ordine di lusinghe — quale popolo non ha avuto
durante questa guerra i suoi momenti di «cafard?» —
ma poi ci siamo ripresi con una rapidità sorprendente.
(segue...)
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