Restituire Caporetto
(24 ottobre 1918)
Un anno dopo
Caporetto
alla vigilia di Vittorio Veneto
Benito Mussolini
pubblicava questo articolo sul «Popolo d'Italia» del 24
ottobre 1918.
Un anno è passato
dodici
mesi ricchi di eventi come dodici secoli
ma noi
cittadini italiani
non sappiamo ancora come fu. Su la rotta oscura di Caporetto
la
Commissione di inchiesta non ha gettato alcun fascio — né
grande né piccolo — di luce. Era da prevedersi. Le
inchieste in Italia sono fatte perché c'è l'abitudine
di farle. È un mezzo per mettere «in tacere» le
cose
specialmente ingrate. Le inchieste italiane non scoprono
ma
affogano le responsabilità.
Ebbene
non ce ne importa. L'on.
Orlando può sciogliere quella Commissione di valentuomini.
Tanto non ci farà sapere più di quanto si sappia.
Sistema tristissimo
degno della vecchia Italia
che non ha avuto
ancora il coraggio di pubblicare i bollettini nemici e la lista delle
nostre perdite.
Non sembri un paradosso
ma io
affermo che ai fini della Nazione non si è «sfruttato»
abbastanza Caporetto. Una sciagura può essere utile come un
colpo insperato di fortuna. A quelque chose malheur est bon
opinava
il vecchio fabulista francese. Ma perché Caporetto desse tutti
i frutti che poteva dare
bisognava scolpirne le linee nel cuore e
nella coscienza degli Italiani. Non frasi
ma cifre. Non attenuazioni
del disastro
ma
piuttosto
amplificazioni. Non anonimia vaga delle
responsabilità
ma individuazione con nome
cognome e
al
caso
plotone d'esecuzione.
Chi di noi non ha sentito cadere e
morire qualche cosa nel profondo del cuore
durante la settimana che
va dal 24 ottobre al 1° novembre? Diciamo
oggi
che non fummo
sorpresi. Nelle retrovie e all'interno dominava l'ottimismo degli
incoscienti
nutriti di frasi. Ma chi era stato lassù
chi
aveva vissuto lassù — soldato fra i soldati —
immedesimato
compenetrato in quel mondo — aveva notato da
tempo le fenditure nella compagine. Era un lento processo di
erosione. Qualche cosa si sfaldava. I soldati! Chi se ne ricordava
più? Erano o sembravano assai lontani
oltre un fiume che sino
alla vigilia della guerra era perfettamente ignoto alla maggioranza
degli Italiani. La Nazione
invece di un contegno severo di guerra
si esibiva
ai ritornanti dalle trincee
specie nelle città
in una veste di urtante frivolezza. Curioso! Si pretendeva di
conservare l'andamento della vita normale per una metà della
Nazione
mentre l'altra metà era condannata ad una anormalità
terribile nella vita e nella morte. Stati d'animo di negazione si
erano formati nelle masse profonde. Quando a precipitare la crisi
giunsero gli episodi della nostra politica interna dell'agosto. Alle
soglie dell'inverno
dal Vaticano e dal Parlamento partirono voci di
sfiducia
consigli di sedizione e di resa.
(segue...)
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