Celebrazione della vittoria
(11 novembre 1918)


      Discorso pronunciato l'11 novembre 1918 in Milano al Monumento delle Cinque Giornate.

      Miei fratelli delle trincee! Cittadini!
      Non ho mai sentito così profonda la mia insufficienza oratoria come ora davanti alla grandiosità degli eventi ed alla memorabile imponenza della vostra manifestazione. Che cosa vi posso dire se questa imponente manifestazione è più che un discorso un inno più che un inno un'epopea?
      Giunti a questo giorno superando prove durissime vedo qui intorno al Monumento delle Cinque Giornate ch'è l'ara di Milano i combattenti della prima e dell'ultima ora quelli delle trincee superstiti del sacrificio devoto che segnarono col sangue i destini della Patria i Mutilati che non si sentono più mutilati da che l'Italia è divenuta più grande. Vedo accanto a loro i profughi che ritorneranno presto a rivedere la terra e il focolare disertato. Ricordo quel che dissi l'anno scorso: bisogna amarli questi nostri fratelli scaldarli al nostro focolare e più ancora al nostro cuore. E vedo il popolo di Milano raccolto come tutto il popolo italiano in un superbo atto d'amore.
      Quali fortunose vicende nel corso di un anno! Ricordate l'anno passato di questi giorni? Ricordate l'anno scorso quando alla Scala giurammo che i tedeschi non avrebbero più passato il Piave? E non passarono e la linea della resistenza di allora divenne poi la linea di partenza verso la vittoria. Anche nell'ora più disperata io non disperai e resi omaggio ai nostri combattenti. Vedemmo in quei giorni i primi «poilus» i primi «tommies»: era l'Intesa che veniva a cementare l'alleanza nelle nostre trincee. Dopo un anno di sacrifizi e di fede è la vittoria!
      Pensate con riconoscenza ai capi illustri che hanno condotto alla vittoria ma anche e più pensate alle masse anonime di soldati al popolo nostro meraviglioso che ha fatto argine sul Piave all'invasione e dal Piave è balzato a travolgere il nemico.

(segue...)