Discorso da ascoltare
(1 maggio 1919)
Articolo
pubblicato sul «Popolo d'Italia» il 1° maggio 1919.
Questo discorso è diretto
agli operai.
Parliamo schietto. Senza
finzioni. Senza adulazioni. Così come la coscienza ci detta.
È
oggi
di moda «adulare» le masse lavoratrici e
precisamente quelle che lavorano manualmente. Noi ci rifiutiamo di
seguire questa moda cortigianesca. Preferiamo celebrare il lavoro in
tutte le sue manifestazioni dalle più eccelse alle più
modeste; da quelle che trasformano la rozza materia a quelle che
esprimono i moti profondi dello spirito. Adoriamo il lavoro che dà
la bellezza e l'armonia alla vita
non solo quello che aumenta la
possibilità del nostro benessere materiale. Ciò
premesso
noi parliamo da «amici» agli operai. Amici che
non chiedono nulla
assolutamente nulla. Come amici disinteressati
noi diciamo agli operai italiani che essi stanno per cadere sotto una
nuova tirannia
che
oltre ad essere spietata
è ridicola:
alludiamo alla tirannia del partito socialista.
Quando noi meditiamo su quello
che accade
ci sentiamo umiliati. Le masse operaie sono alla mercé
di una classe politica
cosidetta socialista
che vuole semplicemente
sostituirsi
per via dell'assieme au beurre
alla classe politica
cosidetta borghese. Questo trucco volgare ha un nome sonante: si
chiama dittatura del proletariato. Ci stupisce che le teste pensanti
della Confederazione Generale del Lavoro
che non possono non aver
avvertito il fenomeno
lo accettino passivamente
anche nelle sue
disastrose conseguenze. La verità è che i seicentomila
organizzati della Confederazione Generale del Lavoro dipendono —
come tanti schiavi — da venti o trentamila uomini che si
chiamano socialisti. Costoro «giocano» le masse operaie
senza consultarle mai. La condotta del partito nei rapporti del
proletariato è squisitamente autocratica
assolutista
imperialista
borghese. C'è un elemento di grottesco
che si
delinea plasticamente. Chi sono questi cosidetti socialisti che la
fanno da pastori del gregge? Perché presumono essi
ed essi
soli
di essere gli interpreti genuini
i rappresentanti autentici
della massa lavoratrice e quali titoli di sapienza
di saggezza
di
virtù posson vantare in confronto del resto degli umili
mortali? Dov'è il diritto e la ragione della loro dittatura?
Non nel loro cervello
che in media non supera di capacità
quello degli altri; non nel loro cuore che non può contenere
più «humanitas» di quanto non ne contengano gli al
tiri innumerevoli delle innumerevoli creature umane: il titolo della
loro dittatura è un semplice cartoncino che si chiama tessera
e che l'ultimo idiota
pazzo
fannullone
parassita
borghese di
questo mondo può procurarsi inscrivendosi nel partito e
pagando la tenue moneta di una lira.
(segue...)
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