(segue) Il quinto anniversario dell'entrata in guerra
(24 maggio 1920)
[Inizio scritto]
Noi non ci illudiamo di riuscire
a silurare completamente la ormai naufragante nave bolscevica. Ma io
noto già dei segni di resipiscenza. Credo che ad un dato
momento la massa operaia
stanca di lasciarsi mistificare
tornerà
verso di nei riconoscendo che non l'abbiamo mai adulata
ma abbiamo
sempre detta la parola della brutale verità
facendo realmente
il suo interesse. Se oggi l'Italia non è precipitata nel
baratro ungherese lo si deve anche a noi che ci siamo messi di
traverso con la nostra azione e con la nostra vita. Un solo dovere
abbiamo dunque: comprendere i fenomeni sociali che si svolgono sotto
i nostri occhi
combattere i mistificatori del popolo ed avere una
fede sicura e assoluta nell'avvenire della nazione.
All'indomani di tutte le grandi
crisi storiche c'è sempre stato un periodo di lassitudine. Ma
poi a poco a poco i muscoli stanchi riprendono. Tutto ciò che
fu ieri trascurato e vilipeso ritorna ad essere onorato ed ammirato.
Oggi non si vuole più sentire parlare di guerra ed è
naturale. Ma fra qualche tempo la psicologia del popolo sarà
mutata e tutto o gran parte del popolo italiano riconoscerà il
valore morale e materiale della vittoria; tutto il popolo onorerà
i suoi combattenti e combatterà quei governi che non volessero
garantire l'avvenire della nazione. Tutto il popolo onorerà
gli arditi.
Sono gli arditi che andavano
alle trincee cantando e se siamo ritornati dal Piave all'Isonzo è
merito degli arditi; se teniamo ancora Fiume è merito degli
arditi; se siamo ancora nella Dalmazia lo dobbiamo agli arditi. Tre
martiri fra i mille che hanno consacrato la guerra italiana hanno
voluto fissare i destini della nazione: Battisti ci dice che il
Brennero deve essere il confine d'Italia; Sauro ci dice che
l'Adriatico deve essere un mare italiano e commercialmente
italo-slavo; Rismondo ci dice che la Dalmazia è italiana.
Ebbene
giuriamo davanti al vessillo che porta le insegne della morte
che infutura la vita
e della vita che non teme la morte
di tener
fede al sacrificio di questi martiri.
(segue...)
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