(segue) Bissolati
(7 maggio 1920)
[Inizio scritto]
All'indomani dell'armistizio una
diversa valutazione degli interessi territoriali italiani sulle Alpi
e nell'Adriatico
provocava una nuova acerba divisione fra coloro che
avevano voluto l'intervento; ma
a un anno di distanza dal famoso
discorso della Scala
il dissidio pareva assopirsi e annullarsi
nell'identità di vedute in materia di politica interna: tanto
che
malgrado il dissenso adriatico
i fascisti appoggiarono a
Cremona la candidatura Bissolati.
La politica è fatta così.
Quando si battaglia con passione
sono inevitabili questi spostamenti
polemici e sentimentali
assai di rado irreparabili
poiché
alle aspre inimicizie succedono le riconciliazioni. Io posso
dichiarare che tanto a Reggio Emilia nel 1912
quanto alla Scala nel
1919
la personalità di Bissolati era fuori questione:
bersaglio erano le tesi da lui sostenute in perfetta assoluta buona
fede. Tesi riformista o tesi rinunciataria
nessuno si permise mai di
mettere in dubbio la sincerità dell'uomo che le propugnava. La
tesi riformista veniva prospettata dopo trent'anni di attività
materiale e spirituale dedicata al partito socialista; la tesi
rinunciataria
dopo una fervida campagna prò intervento
dopo
la guerra fatta eroicamente
col sangue
in trincea e sostenuta
coll'esempio e colle opere fino alla vittoria. Gli è che
Leonida Bissolati era un grande idealista
un grande generoso
cavaliere dell'idealismo
e come in tutti gli idealisti
c'erano nel
suo spirito tendenze alla solitudine contemplativa.
La sua passione per le montagne
rispondeva a un bisogno della sua anima: di quando in quando egli
sentiva il bisogno di straniarsi dal tumulto degli uomini; non gli
importava di rischiare — fra la tormenta — la vita per
conquistare una cima; per ritemprare — là in alto —
se stesso e riamare — scendendo nuovamente al basso — la
solita umanità. Idealista e quindi aristocratico
egli non
abdicò mai la sua dignità agli umori variabili delle
folle. Serviva le sue idee e non si curava del successo. Che fossero
in dieci o in mille a seguirlo non gli importava. Molti di coloro che
oggi lo piangono
avrebbero dovuto in altri tempi seguirlo e lo
abbandonarono. Peggio ancora! Tollerarono che sull'organo del loro
partito quasi quotidianamente egli fosse beffeggiato e infamato.
Eppure
egli era rimasto fondamentalmente un socialista! Un
socialista della vecchia guardia
oramai ridotta a un pugno di
superstiti; un duce del buon vecchio socialismo
che aveva nelle sue
dottrine un vasto senso di umanità per cui non era estraneo a
nessun dolore
né indifferente dinnanzi a qualsiasi
ingiustizia: il buon vecchio socialismo che nel '97 mandava legionari
in Grecia e che sino al 1914 ritenne giuste le guerre fatte per
riscattare o completare l'indipendenza delle nazioni: il socialismo
di Jaures
di Battisti e di Bissolati! Noi non sappiamo come le folle
abbrutite da una propaganda bestiale accoglieranno i discorsi di
Treves e di Turati. Non sappiamo come potranno dimenticare che
Leonida Bissolati — socialista — volle la guerra
fece la
guerra
fu oltranzista
partecipò ai Ministeri della difesa
nazionale e non ebbe mai a guerra finita un momento di dubbio o di
maddalenismo. Non si può spezzare in due la vita di Bissolati
per esaltare il Bissolati socialista inscritto al partito sino al
1912 e ignorare il Bissolati interventista e intervenuto del 1915.
(segue...)
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