Quando il mito tramonta
(23 dicembre 1921)
Il seguente
articolo fu pubblicato sul «Popolo d'Italia» del 23
dicembre 1921:
Gli appelli di Nansen per il
soccorso agli affamati di Russia diventano ogni giorno più
concitati e disperati. Nansen non è un bolscevico e
per il
suo temperamento
non è nemmeno portato alle esagerazioni
mentali. La realtà spaventevole è sintetizzata in
queste cifre: ci sono attualmente in Russia 30.000.000 di uomini che
soffrono la fame; se i soccorsi non arrivano con la massima
sollecitudine
ben 10.000.000 di essi sono condannati a morire; da
parecchi mesi la fame e le malattie
che le fanno da sinistro corteo
mietono centinaia di migliaia di vittime nella parte più
debole della massa: donne e fanciulli. I governi borghesi muovono al
soccorso
e anche l'Italia ha stanziato una prima somma di 6.000.000
di lire per i russi colpiti dalla carestia.
Quanto alle masse operaie
esse
fanno poco e non possono fare che poco. A prescindere dalla crisi
economica che travaglia i paesi occidentali
sta di fatto che milioni
e milioni di lavoratori non sanno niente delle cose di Russia e non
possono
quindi
commuoversi per ciò che vi accade. Il
movimento di soccorso e di solidarietà non va oltre i confini
delle masse operaie sindacate
le quali sono una esigua minoranza di
fronte alla totalità della popolazione lavoratrice.
D'altra parte anche fra le masse
che si potrebbero chiamare evolute e coscienti
la solidarietà
prò affamati di Russia non si è elevata alle sfere
sublimi. Non è uscita dall'ordinaria amministrazione. Non si
tratta soltanto di un intimo
per quanto diffuso
convincimento circa
l'inutilità di ogni aiuto di fronte a tanta vastità di
rovine
ma anche di un congelamento precipitoso della fase
sovversiva
già tesa verso le realizzazioni supreme e oggi
delusa pel tramonto del mito. Questo trapasso psicologico
questa
repentina evoluzione di stati d'animo
bisogna spiegarli e questa
spiegazione non si trova se non pensando al modo col quale
durante
un quarantennio di propaganda socialista
e specialmente in Italia
fu prospettata la realizzazione del socialismo. Distrutta la
borghesia
toltole il potere politico e quindi economico
sia
attraverso un voto parlamentare di maggioranza — o mirabile
ingenuità dei tempi in cui si credeva alla legge della metà
più uno! — sia attraverso un gesto rivoluzionario
ecco
che si distendeva davanti agli occhi beatificati dei proletari il
giocondo paese di cuccagna
con carne per tutti
vino per tutti
riposo per tutti
e
se si vuole «rose
mirti
bellezza e
piselli per tutti
piselli freschi non appena si sgranano dai gusci».
L'ottimismo si spingeva sino a conclamare che
lavorando tutti con le
braccia
pochi minuti di lavoro al giorno sarebbero bastati per
soddisfare a tutte le esigenze corporali e spirituali
semplici e
raffinate
dei fortunati cittadini della fortunata repubblica
socialista.
(segue...)
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