La mozione Celli
(17 febbraio 1922)


      La mozione proposta dall'on. Celli deputato riformista era l'esponente di una meschina manovra parlamentare architettata con una preparazione di oltre due mesi. Si era stabilito che i riformisti i democratici e i popolari avrebbero votato compatti la mozione; i socialisti si sarebbero astenuti in modo da permettere ai tre gruppi suddetti d'avere la maggioranza; le destre avrebbero certo volato contro rimanendo isolate in minoranza. Così i tre gruppi centrali consenzienti i socialisti avrebbero potuto formare un ministero antifascista con il programma unico di distruggere il Fascismo sotto l'ipocrita pretesto del rispetto allo Stato e alle Leggi - rispetto sostenuto dagli stessi sovversivi pronti a qualunque transazione pur di eliminare il Fascismo. Ma la manovra fu prevista e sventata da Mussolini: Egli approvò quelle parti della mozione Celli che parlando d'autorità stataria erano accettabili anche dalle destre. I voti si suddivisero le destre non caddero nel piccolo agguato e la mozione ebbe solo il risultato di dare il colpo di grazia al già dimissionario Ministero Bonomi. In questo modo la faticosa strategia parlamentare si coperse di ridicolo e servì solo a portare zizzania nel campo socialista ove era apparsa palese la tendenza alle più vergognose transazioni. Per intendere il discorso pronunciato in quest'occasione alla Camera da Mussolini - nella tornata del 17 febbraio 1922 - è necessario tener presente il testo della mozione Celli che è il seguente:
      «La Camera
      «considerata la necessità di restituire al paese le condizioni indispensabili per la pacifica convivenza delle classi nel rispetto alla libertà di lavoro e di organizzazione nell'obbedienza alla legge;

(segue...)