(segue) Il Fascismo e i rurali
(25 maggio 1922)
[Inizio scritto]
III.
In quale misura il Fascismo è
diventato «rurale»? Per rispondere con qualche
approssimazione a questa domanda
è necessario
in primo
luogo
consultare le statistiche. Secondo gli studi di Francesco
Coletti
competentissimo in materia
e sulla base del censimento del
1911
la popolazione che si può chiamare rurale in Italia si
aggira sui 18 milioni di individui
raggruppati in tre milioni e
mezzo di famiglie. Le regioni che — sempre secondo il
censimento del 1911 — hanno una maggiore densità di
popolazione rurale sono le seguenti:
Lombardia..............2.185.000
Veneto..................1.990.000
Piemonte..............1.691.000
Emilia-Romagna..........1.500.000
Toscana........1.214.000
Ecco ora il numero delle tessere
distribuite a tutto il 30 aprile 1922 dalla Direzione del Partito
Nazionale Fascista nelle suddette cinque regioni:
Lombardia................43.880
Veneto..........13.720
Piemonte.........8.515
Emilia-Romagna............35.625
Toscana..................25.707
Ci sono
dunque
nelle cinque
regioni della valle Padana Un centomila tesserati regolari del
Fascismo. Accanto alle milizie politiche
inquadrate nei Fasci
sono
sorte le organizzazioni sindacali. Quanti siano gli aderenti alle
corporazioni non ci è dato sapere. Si può calcolare
che
nelle cinque regioni suddette
tocchino i 150.000. La massa che
segue il Fascismo
nella politica e nell'economia
si aggira
nella
sola valle Padana
a circa 300 mila individui. Non si può dire
in base a queste cifre che il Fascismo sia diventato prettamente
rurale; si può soltanto affermare che buona metà delle
milizie fasciste provengono dalle plaghe rurali. Non solo non ce ne
vergogniamo
ma ci teniamo — come titolo di gloria — a
dichiarare che nella valle Padana il Fascismo è
oggi
in gran
parte «rurale».
(segue...)
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