(segue) Il Fascismo e i rurali
(25 maggio 1922)
[Inizio scritto]


      V.
      Profondi motivi economici qui rapidamente prospettati hanno fatto inclinare verso il Fascismo masse imponenti di rurali. Ma questo non basterebbe a spiegare le «simpatie» della nuova piccola borghesia rurale per il Fascismo. Altri elementi psicologici entrano in gioco. Il contadino ha fatto la guerra sul serio. Dire che l'abbia fatta con entusiasmo è fare della pessima rettorica ma certo è che il «colore» dell'opposizione alla guerra da parte delle masse rurali è stato assai diverso da quello di certe masse urbane che poi si sono imboscate. L'opposizione alla guerra da parte del contadino non proveniva dalla paura dei disagi e dei rischi dalle incomodità insomma delle trincee ma da altri motivi più semplici. Il contadino che io ho conosciuto sul Carso non si lagnava come spesso faceva il soldato urbano dei disagi della guerra: mangiar male e dormire per terra. Li accettava con rassegnazione ma si domandava «perché bisognava uccidere e farsi uccidere». Gli elementi urbani si davan l'aria di capire la guerra (le sue ragioni) la condannavano in nome dell'internazionalismo o la subivano: i rurali invece l'accettavano con rassegnazione con pazienza con disciplina. È certo che durante l'ultimo anno della nostra guerra fra Caporetto e Vittorio Veneto una profonda trasformazione psicologica si è operata nelle masse dei «rurali» che tenevano il fronte. Nei battaglioni d'assalto c'erano migliaia e migliaia di contadini. Molti di coloro che parteciparono alla prima e alla seconda battaglia del Piave erano fascisti in potenza. Molti contadini raggiunsero il grado di «aiutante di battaglia». Non pochi quello di ufficiali. Tutti costoro tornati nel Paese parvero travolti da quella Caporetto civile che — «consule» Nitti — devastò la coscienza nazionale nel 1919 ma esistevano e aspettavano una parola d'ordine per la riscossa. È certo che quasi tutti i segretari politici dei piccoli Fasci rurali sono ex combattenti e spesso ufficiali o sottufficiali abituati al comando. È innegabile quindi che il Fascismo rurale trae molte delle sue forze morali dalla guerra e dalla vittoria ma nello stesso tempo tiene vivo in tutto il paese queste forze morali d'incalcolabile valore storico. La nuova piccola borghesia dei produttori rurali raccolta nei Fasci è destinata a diventare come quella di Francia una forza di stabilità di equilibrio di sodo patriottismo. Una garanzia — insomma — di continuità nella vita nazionale.

(segue...)