(segue) Stato, anti-Stato e Fascismo
(25 giugno 1922)
[Inizio scritto]


      V.
      Non v'ha dubbio che Fascismo e Stato sono destinati forse in un tempo relativamente vicino a diventare una «identità». In qual modo? In un modo legale forse. Il Fascismo può aprire la porta con la chiave della legalità ma può anche essere costretto a sfondare la porta col colpo di spalla dell'insurrezione. Si può prospettare l'ipotesi che in processo di tempo lo Stato s'identifichi con tre demagogie: quella plutocratica quella popolare quella socialista: si può avanzare l'eventualità che lo Stato italiano si allontani ancora di più dal Fascismo quindi da tutti i valori nazionali che nel Fascismo vengono potenziati ed esaltati; allora il Fascismo diverrà logicamente e storicamente l'anti-Stato nazionale e dovrà giocare grosso gioco anche se per avventura la coalizione delle tre demagogie assumesse atteggiamenti di liberalismo nei nostri confronti. Il duello in tre che si va paradossalmente combattendo da ormai quattro anni ritornerebbe il duello quale viene dalla stessa parola significato: Stato socialista da una parte anti-Stato fascista dall'altro. L'esito di questo duello non può essere dubbio date le forze e l'organizzazione di cui dispone il Fascismo. Questo che in queste linee è schematicamente tracciato è lo sviluppo dialettico della crisi sociale e nazionale italiana cominciata nell'estate del 1914 ma non bisogna giurare che gli avvenimenti correranno sui binari tracciati dal freddo ragionamento. Gli avvenimenti hanno — certo — una loro intima logica ma altri elementi intervengono spesso a turbarla. Può darsi che lo Stato forte quale è necessario per la vita e la grandezza di una Nazione come la nostra non sorga da una battaglia campale ma da una serie di confluenze e di riconoscimenti teorici e pratici per cui non si può in assoluto escludere che alle gerarchie di domani fornisca un certo apporto di uomini e di esperienze la gente del lavoro.

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