(segue) Il discorso di Udine
(20 settembre 1922)
[Inizio scritto]
Ma perché (ve lo siete
mai domandato?)
perché l'unità della Patria si
riassume nel simbolo e nella parola di Roma? Bisogna che i fascisti
dimentichino assolutamente — perché se non lo facessero
sarebbero meschini — le accoglienze più o meno ingrate
che avemmo a Roma nell'ottobre dell'anno scorso e bisogna avere il
coraggio di dire che una parte di responsabilità di tutto ciò
che avvenne la si dovette a taluni elementi nostri che non erano
all'altezza della situazione. E non bisogna confondere Roma con i
romani
con quelle centinaia di cosiddetti profughi del Fascismo che
sono a Roma
a Milano ed in qualche altro centro d'Italia e che fanno
naturalmente dell'antifascismo pratico e criminoso. Ma se Mazzini
se
Garibaldi tentarono per tre volte di arrivare a Roma
e se Garibaldi
aveva dato alle sue camicie rosse il dilemma tragico
inesorabile di
«O Roma o morte»
questo significa che negli uomini del
Risorgimento italiano
Roma ormai aveva una funzione essenziale di
primissimo ordine da compiere nella nuova storia della Nazione
italiana. Eleviamo
dunque
con animo puro e sgombro da rancori il
nostro pensiero a Roma che è una delle poche città
dello spirito che ci siano nel mondo
perché a Roma
tra quei
sette colli così carichi di storia
si è operato uno
dei più grandi prodigi spirituali che la storia ricordi
cioè
si è tramutata una religione orientale
da noi non compresa
in una religione universale che ha ripreso sotto altra forma
quell'imperio che le legioni consolari di Roma avevano spinto fino
all'estremo confine della terra. E noi pensiamo di fare di Roma la
città del nostro spirito
una città
cioè
depurata
disinfettata da tutti gli elementi che la corrompono e la
infangano
pensiamo di fare di Roma il cuore pulsante
lo spirito
alacre dell'Italia imperiale che noi sogniamo.
Qualcuno potrebbe obiettarci:
«Siete voi degni di Roma
avete voi i garretti
i muscoli
i
polmoni sufficientemente capaci per ereditare e tramandare le glorie
e gli ideali di un imperio?». Ed allora i critici arcigni si
industriano a vedere nel nostro giovane ed esuberante organismo dei
segni di incertezza.
(segue...)
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