(segue) Risposta al Ministro delle Finanze
(7 marzo 1923)
[Inizio scritto]

      Così io concepisco lo Stato e così comprendo l'arte di governare la Nazione.
      Sono lieto di trovarmi dinanzi a voi — (continua il Presidente rivolgendosi ai funzionari del Ministero presenti alla cerimonia) — perché il ministro mi ha parlato bene degli alti funzionari del Ministero delle Finanze, Mi ha detto che qualcuno di voi lavora spesso fino a 16 ore al giorno. Sono molte ed è magnifico esempio. Ma se non fossero sufficienti, bisognerebbe anche lavorare venti ore.
      Solo così, o signori, solo così noi usciremo dalle presenti difficoltà per arrivare alla riva. Bisogna portare nel nostro spirito un senso di severità assoluta. Bisogna considerare che il denaro dell'erario è sacro sopra ogni altra cosa. Esso non piove dal cielo e non può essere nemmeno fatto col giro del torchio che, se potessi, io vorrei spezzare. È tratto dal sudore e, si può dire, dal sangue del popolo italiano, che lavora oggi, che lavorerà di più domani. Ogni lira, ogni soldo, ogni centesimo di questo denaro deve essere considerato sacro e non deve essere speso se non quando ragioni di stretta e documentata necessità lo impongano.
      La storia dei popoli dice che la severa finanza ha condotto le nazioni alla salvezza. Penso che ognuno di voi sia partecipe di questa verità ampiamente documentata dalla storia. Con questa convinzione vi porgo il mio cordiale e fraterno saluto.