All'ateneo di Padova
(1 giugno 1923)


      Il 1° giugno, il Duce — trovandosi a Padova per inaugurare la Fiera Campionaria — visitò, per invito dei Professori e degli studenti di quell'Ateneo, la sede dell'Università. In tale occasione, Egli pronunziò il seguente discorso:

      Ecc.mo Rettore, Signori Professori, Miei giovani amici!
      Non sono io che onoro il vostro Studio, è il vostro Studio che onora me e vi confesso che, pur essendo da tempo, a causa del faticoso commercio degli uomini, un po' restio alle emozioni, oggi mi sento fra di voi profondamente commosso, tutto pervaso da una sottile emozione.
      Noi ci conosciamo da un pezzo. Ci conosciamo fin dal 1915: dalle giornate del maggio, radiose sempre.
      Ricordo che gli studenti di Padova impiccarono sulla porta dell'Università un grosso fantoccio che raffigurava un uomo politico sul quale in questo momento non voglio esprimere giudizio alcuno, ma quel gesto voleva dire che la gioventù universitaria di Padova non voleva sentir parlare di ignobili mercati diplomatici, non voleva vendere la sua splendida primogenitura ideale per un piatto di più o meno miserabili lenticchie.
      L'Università di Padova, la gioventù studiosa non discendente degenere da quegli studenti toscani che andarono a morire a Curtatone e Montanara, volle allora essere all'avanguardia, prendere il suo posto di combattimento, trascinare i riluttanti, fustigare i pusillanimi, rovesciare un Governo e andare a combattere verso il sacrificio, verso la morte, ma anche verso la grandezza e la gloria.
      Il Governo, che ho l'onore di rappresentare — essendo un Governo che ripudia, almeno nella persona del capo, la dottrina del materialismo e le dottrine che pretendono di spiegare la storia complessissima delle società umane soltanto dal punto di vista unicamente materiale: un fenomeno della storia, non tutta la storia, un incidente, non una dottrina — questo Governo che tiene in alto pregio i valori individuali, spirituali e volontaristici, ha in sommo apprezzamento le Università. Io non so se il mio amico De Stefani abbia raccolto l'accenno, che io riconosco assai discreto del vostro magnifico Rettore. Ma, ad ogni modo, il Governo conta sulle Università, perché anche le Università sono dei punti fermi e gloriosi nella vita dei popoli.

(segue...)