(segue) All'ateneo di Padova
(1 giugno 1923)
[Inizio scritto]

      Io non esito ad affermare che se la Germania ha potuto resistere alla suggestione del bolscevismo, ciò è dovuto soprattutto alla forte tradizione universitaria di quel popolo.
      In fondo, coloro che si avvicinano di frequente alla comunione dello spirito non possono rimanere a lungo infettati da dottrine assurde ed antivitali. Un popolo come il nostro, un popolo di grande ingegno e di grande passione è necessariamente un popolo di equilibrio e di armonia. Il Governo farà tutto il possibile per le Università italiane. Il Governo comprende la loro enorme importanza storica, rispetta le loro nobilissime tradizioni, vuole portarle all'altezza delle necessità moderne.
      Tutto ciò non può essere opera di un mese: non si può dare in sei mesi fondo all'Universo. Noi non facciamo che liberare il terreno da tutti i detriti che la vecchia casta politica ci ha lasciato in tristissima eredità.
      Come potrebbe un Governo di combattenti avere in dispregio le Università? Ciò sarebbe non solo assurdo ma delittuoso.
      Dalle Università sono usciti a migliaia i volontari; sono usciti a diecine di migliaia quei superbi plotonisti che andavano all'assalto delle trincee nemiche con un disprezzo magnifico della morte: sono i compagni la cui memoria noi portiamo profondamente incisa nei nostri cuori. Voi inciderete i loro nomi sulle porte di bronzo, ma ben più imperitura della incisione sulle porte di bronzo è la loro memoria nei nostri spiriti. Non li possiamo dimenticare! Come non dimenticheremo che dalle Università sono usciti a migliaia le giovani camicie nere: quelle che a un dato momento hanno interrotto la vicenda ingloriosa della politica italiana; che hanno preso per il collo, con dita robuste, tutti i vecchi profittatori che apparivano sempre più inadeguati con la loro paralitica decrepitudine alla impazienza esuberante delle nuove generazioni italiane.

(segue...)