Al popolo di Cagliari
(12 giugno 1923)
Discorso
pronunziato a Cagliari, il 12 giugno, nell'Anfiteatro.
Cittadini, Camicie Nere, Popolo di
Cagliari ardente e cavalleresco!
Sono stato in questi ultimi tempi
in parecchie città, non escluse quelle che appartengono alla
terra dove sono nato. Ebbene, vi dichiaro — perché
questa è la verità — che nessuna città mi
ha tributato le accoglienze che oggi voi avete tributato a me. Sapevo
che Cagliari era città di forti passioni, sapevo che un grande
fermento di rinnovazione fremeva nei vostri cuori. L'urlo col quale
mi avete accolto, la folla stipata nel Teatro Romano, mi dicono che
qui il Fascismo ha salde radici nelle vostre coscienze.
Vi ringrazio dunque, cittadini,
dal profondo del cuore.
Sono venuto in Sardegna non già
e non soltanto per conoscere le vostre terre. Quarantotto ore non
basterebbero; e meno ancora basterebbero per esaminare da vicino i
vostri problemi. Io li conosco: li hanno conosciuti tutti i governi
da mezzo secolo a questa parte: sono problemi presenti alla coscienza
nazionale; e se fino ad oggi non sono stati risolti, gli è che
a Roma mancava quella ferrea volontà di rinnovamento che è
perno, essenza e fede del Governo fascista.
Passando per le vostre terre ho
ritrovato qui vivo, pulsante, un lembo della Patria. Veramente questa
vostra isola è il baluardo della Nazione all'occidente, è
un cuore saldo di Roma piantato in mezzo al mare nostro. Talune
catene delle vostre montagne mi ricordano le Prealpi comasche; talune
vostre pianure, la Valle del Po, ma soprattutto ho visto nelle folle
che si sono raccolte attorno ai gagliardetti, i bellissimi germogli
della razza italiana, immortali nel tempo e nello spazio.
(segue...)
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