Al popolo di Pescara
(22 agosto 1923)


      Il giorno seguente, 22 agosto 1923, il Duce si recò a Pescara a visitare la casa di Gabriele D'Annunzio e parlò — dal balcone del Circolo Aternino — al popolo adunato in Piazza Vittorio Emanuele:

      Cittadini di Pescara!
      Da oggi avrò il gradito ricordo di avere potuto comunicare con il vostro animo profondo e devoto alla Patria.
      Stamane, visitando la Mostra, ho avuto la rivelazione visiva del vostro potente sforzo di costruttori e di produttori. Io ho detto e ripeto che siete benemeriti della Nazione. Lo siete stati in guerra; molti abruzzesi sono stati con me nelle trincee e posso attestare il fermo valore dei loro solidi petti.
      Siamo tutti devoti all'Italia; questa è la fede che ci riscalda lo spirito; dal più alto al più umile ognuno deve compiere il suo preciso dovere.
      Se noi riusciremo — e riusciremo perché io lo voglio e voi lo volete — a fondere tutte le nostre energie e ad esaltare la nostra fede, a credere, a fermamente credere nei radiosi destini d'Italia, non c'è da temere il ritorno offensivo del nemico.
      Vorrei che certi pallidi politicastri i quali perdono il loro tempo in lunghe e prolisse disquisizioni sulla forza e sul consenso, partecipassero a queste nostre fresche ed impetuose adunate di popolo per convincersi che, oltre alla forza, il Governo fascista ha il consenso della parte migliore del popolo italiano. Ed è per questo che noi, del Governo fascista, dichiariamo che saremo inflessibili ed inesorabili contro tutti coloro che volessero rievocare l'Italia di ieri: la piccola Italia che non può essere la nostra grande Italia, quella che siamo noi, quella che noi vogliamo. Così non è il partito: è qualche cosa di più: è una milizia, è una religione, una passione che infiamma tutti i giovani generosi italiani e con i giovani gli adolescenti ed i vecchi che non si sentono tali e che hanno raccolta la face viva riaccesa dei morti della grande guerra. I morti della grande guerra ci hanno detto che bisogna vincere la pace e si deve vincere col lavoro, con la disciplina, con la concordia. E d'esempio quotidiano di lavoro e di disciplina crediamo debbano essere soprattutto ed in prima linea i fascisti, che hanno l'onore e l'orgoglio di partecipare a questo grande Partito che, volere o no, ha salvato la Patria.

(segue...)