Al popolo abruzzese
(21 agosto 1923)


      Durante il mese d'agosto, S. E. il Capo del Governo dedicò uno dei suoi brevi giri agli Abruzzi, troppo spesso trascurati e un poco appartati dalla vita pubblica negli anni anteriori alla Marcia su Roma. Il Duce parlò anzitutto, il 21 agosto 1923, a Castellammare Adriatico, dalla terrazza del Kursaal:

      Legionari! Gente di Abruzzo!
      Io sono venuto qui per porre la vostra regione all'ordine del giorno della Nazione. Fra tutte le regioni d'Italia l'Abruzzo è l'avanguardia, perché in dieci mesi di Governo è la regione che mi ha chiesto di meno e che ha lavorato di più. Una volta io ho chiamato l'Abruzzo il cuore vivo e pulsante della Patria. Rinnovo oggi, al cospetto di questa moltitudine, al cospetto dell'Adriatico, ancora abbastanza amaro se non più amarissimo, questa mia dichiarazione che risponde ad una semplice e documentata verità. Pongo all'ordine del giorno del Fascismo tutto ii Fascismo abruzzese tutte le sue magnifiche legioni, poiché, se in qualche scarsa località d'Italia piccole e trascurabili questioni personali angustiano la nostra vita, qui invece fervida è la passione, altissima la fede, infrangibile la vostra unità.
      Poco fa uno dei vostri produttori mi diceva che se il Fascismo avesse preso il potere due anni prima, saremmo in anticipo di due anni nella nostra rinascita e nella nostra redenzione morale ed economica. C'è veramente in ogni provincia d'Italia un impeto ed un fremito di vita nuova ed io ho l'impressione visibile e plastica di tutto il popolo che marcia in battaglioni serrati, ora che tutte le utopie asiatiche sono state stroncate per sempre.
      Dall'Abruzzo mi sono venuti al Governo due collaboratori che io apprezzo moltissimo, che sono devoti, fedeli e preziosi collaboratori nella grande causa. Siate fedeli, o camicie nere, a questa nostra rivoluzione. Ditemi: «Se fosse necessario ricominciare, ricomincereste?».

(segue...)