(segue) Il primo anniversario della Marcia su Roma
(28 ottobre 1923)
[Inizio scritto]
(Grida altissime: Sì!).
Nell'anno che ha preceduto la
nostra Marcia si sono perduti sette milioni di giornate di lavoro,
uno sciupio enorme di ricchezza nazionale; da sette milioni abbiamo
ridotto queste giornate a 200.000 appena. Tutto quello che
rappresenta il ritmo della vita civile si svolge ordinatamente. Nel
settembre di quest'anno l'Italia ha vissuto, dal punto di vista
politico, la esperienza più interessante e più
importante che essa abbia mai vissuto dal '60 in poi. Per la prima
volta nella vita politica italiana, l'Italia ha compiuto un gesto di
assoluta autonomia, ha avuto il coraggio di negare la competenza
dell'areopago ginevrino, che è una specie di premio di
assicurazione delle Nazioni arrivate contro le Nazioni proletarie.
Ebbene, in quei giorni che sono
stati assai più gravi di quello che non sia apparso al nostro
pubblico, in quei giorni che hanno avuto bagliori di tragedia, tutto
il popolo italiano ha dato uno spettacolo magnifico di disciplina. Se
io avessi detto al popolo italiano di marciare, non vi è
dubbio che questo meraviglioso, ardente popolo italiano avrebbe
marciato.
D'altra parte vi prego di
riflettere che la Rivoluzione venne fatta coi bastoni: voi che cosa
avete ora nei vostri pugni? Se coi bastoni è stato possibile
fare la Rivoluzione, grazie al vostro eroismo, ora la Rivoluzione si
difende e si consolida con le armi, coi vostri fucili. E sopra la
camicia nera avete indossato il grigio verde; non siete più
soltanto l'aristocrazia di un Partito, siete qualche cosa di più,
siete l'espressione e l'anima della Nazione italiana.
Voglio fare un dialogo con voi: e
sono sicuro che le vostre risposte saranno intonate e formidabili. Le
mie domande e le vostre risposte non sono ascoltate soltanto da voi,
ma da tutti gli italiani e da tutto il popolo, poiché oggi, a
distanza di secoli, ancora una volta è l'Italia che dà
una direzione al cammino della civiltà del mondo.
(segue...)
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