(segue) Il primo anniversario della Marcia su Roma
(28 ottobre 1923)
[Inizio scritto]
Camicie Nere, io vi domando se i
sacrifici domani saranno più gravi dei sacrifici di ieri, li
sosterrete voi?
(Urlo immenso dei fascisti: Sì).
Se domani io vi chiedessi quello
che si potrebbe chiamare la prova sublime della disciplina, mi
dareste questa prova?
(Sì! — ripetono ad
alta voce i militi, con entusiasmo).
Se domani dessi il segnale
dell'allarme, l'allarme delle grandi giornate, di quelle che decidono
del destino dei popoli, rispondereste voi?
(Nuova esplosione entusiastica di:
Sì, lo giuriamo!).
Se domani io vi dicessi che
bisogna riprendere e continuare la marcia e spingerla a fondo verso
altre direzioni, marcereste voi?
(Sì, sì, ed il coro
fascista si eleva al più alto diapason).
Avete voi l'animo pronto per tutte
le prove che la disciplina esige, anche per quelle umili, ignorate,
quotidiane?
(La Milizia grida a gran voce:
Sì).
Voi certamente siete ormai fusi in
uno spirito solo, in un cuore solo, in una coscienza sola. Voi
rappresentate veramente il prodigio di questa vecchia e meravigliosa
razza italica, che conosce le ore tristi ma non conobbe mai le
tenebre dell'oscurità. Se qualche volta apparve oscurata, ad
un tratto ricomparve in luce maggiore.
Certo vi è qualche cosa di
misterioso in questo rifiorire della nostra passione romana, certo vi
è qualche cosa di religioso in questo esercito di volontari
che non chiede nulla ed è pronto a tutto. Ora io vi dico che
non sono altra cosa all'infuori di un umile servitore della Nazione.
Se qualche volta io sono duro, se qualche volta io sono inflessibile,
se qualche volta ho l'aria di comprimere e di voler qualche cosa di
più dello stretto necessario gli è perché le mie
spalle portano un peso durissimo, portano un peso formidabile, che
spesso mi dà dei momenti di angoscia profonda. È il
destino di tutta la Nazione.
(segue...)
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