Celebrazione perugina della Marcia su Roma
(30 ottobre 1923)
La città di
Perugia, orgogliosa d'essere stata sede del Quartiere Generale della
Marcia su Roma, un anno dopo lo storico avvenimento, offriva, a
Benito Mussolini e ai Quadrumviri De Bono, De Vecchi, Balbo e
Bianchi, la cittadinanza onoraria. La solenne cerimonia ebbe luogo il
30 ottobre 1923, nella Loggia della Vaccara, nel Palazzo dei Notori,
ove il Duce pronunziò il seguente discorso:
Popolo di Perugia! Popolo
dell'Umbria tutta!
Non ti stupire se io comincio il
mio discorso con un atto di contrizione: ho molta vergogna di dirti
che questa è la prima volta nella mia vita che vengo nella tua
mirabile città la quale mi è balzata incontro con tutta
la sua cordialità profonda, mentre il suo cielo purissimo, la
sua aria trasparente, il suo orizzonte chiaro, dolce, quasi senza
confini, mi spiegano come questa terra sia quella che ha celebrato a
volta a volta l'eroismo e la santità.
Questa è l'ultima tappa del
viaggio di celebrazione della Marcia su Roma. Abbiamo ripercorso in
pochi giorni il cammino di molti anni, forse di molti secoli. Giunto
a questa tappa, io, nella mia duplice qualità di Capo del
Governo e Capo del Fascismo, voglio porgere il mio saluto, il mio
ringraziamento fraterno a coloro che lavorarono con me in quella che
fu un'opera suprema nella storia della Nazione; parlo degli uomini
del Quadrumvirato.
Comincio da te, generale Emilio De
Bono, guerriero intrepido di molti anni e di molte battaglie, col
petto onusto dei segni del valore, giovane malgrado la lieve neve che
incornicia il tuo volto maschio e fiero. Le Camicie Nere ti porgono
il più alto alala! Chiamo te, Cesare De Vecchi, combattente
decoratissimo, mutilato della Grande Guerra e mutilato anche della
nostra guerra, solido e fedele come le montagne del tuo vecchio
Piemonte. Parlo a te, Italo Balbo, uomo della mia terra, vorrei quasi
dire della mia razza se io non mi sentissi intimamente, quasi
ferocemente, uomo di una sola razza, la razza italiana. Tu, giovane
che hai combattuto brillantemente nella nostra Santa Guerra di
redenzione e sei stato insieme coi tuoi compagni uno di coloro che ha
più potentemente contribuito a trasformare un movimento di
squadre in un movimento di riscossa impetuosa e invincibile. Né
ultimo tu sei, o Michele Bianchi, uomo della lunga e tempestosa
vigilia, uomo che vidi con me il 23 marzo 1919 a Milano quando in
numero esatto di cinquantadue, dico cinquantadue, ci riunimmo a
giurare che la lotta che noi avevamo intrapresa non poteva finire se
non con una trionfale vittoria.
(segue...)
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