Agli impiegati delle poste e telegrafi
(6 novembre 1923)
Due giorni dopo la
celebrazione della Vittoria, il 6 novembre 1923, a Palazzo Chigi, il
Comitato di azione patriottica fra il personale postelegrafico ed i
rappresentanti del personale di tutte le provincie d'Italia,
accompagnati dal Sottosegretario alle Poste, on. Caradonna,
presentarono al Duce un album contenente sessantamila firme raccolte
nel personale dell'amministrazione postelegrafonica. In tale
occasione, Egli pronunziò le seguenti parole:
Signori!
L'attestato di simpatia e di
solidarietà che mi offrite con le firme del personale è
altamente significativo, perché dimostra che in tutti gli
strati e le categorie del personale postelegrafonico è stata
compresa una semplice e fondamentale verità che è
questa: che siamo tutti legati allo stesso destino e che i più
devoti alla Nazione ed allo Stato devono essere quelli che nelle
Amministrazioni dello Stato lavorano compiendo il proprio dovere. Un
giorno o l'altro io tesserò l'elogio della burocrazia italiana
a cominciare dalla sua onestà. In dodici mesi di Governo mi
sono convinto che la onestà e la correttezza degli impiegati
dello Stato in Italia sono assolute. Vi saranno critici e ipercritici
che potranno discutere su altri lati del problema; ma su questo, che
è un elemento fondamentale, non ci può essere che
unanimità di giudizio. La burocrazia italiana è
corretta, onestissima. In secondo luogo quando l'esempio scende
dall'alto, quando coloro che governano lavorano, questo esempio si
ripercuote, si rifrange su tutta la scala; dal più alto al più
basso gradino: dal Capo divisione all'usciere, tutti si sentono
legati all'amministrazione, tutti comprendono che in questo
ingranaggio di apparecchi sono condizionati l'uno all'altro. Non può
uno solo fare il proprio dovere: tutti lo devono fare.
(segue...)
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