(segue) Cinque anni dopo San Sepolcro
(24 marzo 1924)
[Inizio scritto]

      E perché io insisto a proclamare che quella dell'ottobre è stata storicamente una rivoluzione? Perché le parole hanno la loro tremenda magia, perché è grottesco tentare di far credere che è stata una semplice crisi ministeriale. Ho voluto, sin da allora, che la rivoluzione avesse dei limiti, non oltrepassasse certi confini. Distruggere è facile, non altrettanto ricostruire. Forse, se noi avessimo dato alle nostre masse il diritto che ha ogni vittorioso, quello di spezzare il nemico, sarebbe passato, per certe schiene, quel brivido di terrore, per cui oggi non ci sarebbe più discussione possibile sulla rivoluzione o meno compiuta dal Fascismo.
      Mi domando: «La nostra longanimità è stata un bene o un male?». La domanda è provocata dal fatto che molti, troppi, di questi avversari, di questi nemici, noi li ritroviamo in circolazione. Qualche volta sono insolenti, qualche altra compiono vere e proprie opere di sovversivismo e di disintegrazione nazionale. Ho risolto questo interrogativo che mi ha inquietato parecchio tempo.
      Ritengo che allora sia stato un bene di contenere la nostra insurrezione trionfante; ritengo che sia stato un bene di non avere, alle nostre spalle, un corteo più o meno imponente di giustiziati. Ma ritengo anche, e bisogna gridarlo perché tutti intendano, che se fosse necessario domani per difendere la nostra rivoluzione di fare quello che non facemmo, lo faremo!
      Andai chiamato dal Re, al Quirinale. I fumi della vittoria non mi sono mai andati alla testa. Io non ero sul balcone del Quirinale quando 52.000 fascisti armati di tutto punto sfilarono per rendere omaggio alla Maestà del Re. Io ero già alla Consulta, al mio tavolo da lavoro. Né all'indomani mi andarono i fumi alla testa, quando seppi che gli ufficiali della guarnigione di Roma si ripromettevano di venire sotto le finestre dell'Hotel Savoia a rendermi omaggio. Dissi allora in una lettera, che certi sovversivi dell'opposizione costituzionale hanno evidentemente dimenticato, che l'Esercito non poteva parteggiare, che nella disciplina cieca ed assoluta era il suo privilegio, la sua forza, la sua gloria. E feci un ministero di coalizione.

(segue...)