(segue) Su l'indirizzo di risposta al discorso della Corona
(7 giugno 1924)
[Inizio scritto]
In fondo la discussione era
scontata fin dal principio, perché si sapeva che uno avrebbe
detto bene, che l'altro avrebbe detto male, uno avrebbe detto brutto,
l'altro avrebbe detto bello, uno avrebbe detto che l'Italia è
un giardino fiorito, dove tutte le cose vanno splendidamente, l'altro
avrebbe detto che l'Italia è un inferno dove il popolo schiavo
geme sotto le pesanti catene del sottoscritto tiranno.
Ora una discussione come quella
che si è svolta in quest'aula sarebbe utile se determinasse
una chiarificazione di carattere politico o se determinasse uno
spostamento di ordine politico nelle rispettive posizioni. Tutto ciò
è avvenuto.
Si sapeva benissimo che l'oratore
comunista ci avrebbe recitato ancora una volta il suo rosario a base
di dittatura proletaria, di dittatura degli operai e dei contadini,
o, per meglio dire, di coloro che rappresentano gli operai ed i
contadini, ed è giusto che sia così, e non potrebbe
essere diversamente; che l'oratore massimalista avrebbe cercato di
salvarsi dalla duplice pressione degli unitari e dei comunisti; che
gli unitari avrebbero cercato di rinverniciare il loro sedicente
patriottismo, perché è loro necessario in quest'ora;
che l'oratore dei repubblicani, di cui non abbiamo mai disconosciuto
lo spirito di sacrificio e di dedizione alla Patria, avrebbe cercato
di mantenersi in oscillazione tra questi sentimenti, che sono
patrimonio di quel partito e gli ultimi avvenimenti che hanno spinto
il partito repubblicano nell'Alleanza del Lavoro e accanto ai
negatori della Nazione.
Sapevo benissimo che l'oratore dei
popolari avrebbe tenuto un discorso acido nel quale fermentano tutti
i rancori non ancora espulsi dall'organismo di un partito, che ha
sempre fatto ottimi affari al Governo, e che da dodici mesi non ne fa
più.
E mi aspettavo anche il discorso
del rappresentante della democrazia sociale. Sapevo benissimo che era
spuntato all'onorevole Di Cesarò il dente del teatro, ma non
sapevo, onorevole duca, che vi fosse spuntato il dente viperino della
maldicenza meschina! Sapete a che cosa alludo!
(segue...)
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