(segue) Su l'indirizzo di risposta al discorso della Corona
(7 giugno 1924)
[Inizio scritto]
Mussolini. — Non ci credo.
Amendola. — E allora perché
le ha pubblicate?
Mussolini. — Vedrà le
conclusioni alle quali arriverò tra poco e le documenterò
per dimostrare come uguale sia l'atteggiamento dei partiti in ogni
elezione, e cioè il partito vinto si scaglia sul partito
vincitore e tenta di infirmare il responso delle elezioni. Ciò
è avvenuto prima della guerra, ciò è avvenuto
dopo la guerra.
Sentite se non pare di leggere un
discorso dell'onorevole Matteotti! Il Lavoratore, diretto da un
signore che io non voglio nominare per non fargli della reclame, ma
che l'onorevole Amendola conosce, scriveva: «Hanno votato i
morti, gli emigrati, le donne, i fanciulli e le stesse persone si
sono recate a votare non si sa quante volte. I rappresentanti delle
liste avversarie a quella governativa furono allontanati dai seggi e
minacciati. In ogni sezione si votava alla presenza del pubblico e
non in cabina. Ogni voce di protesta era tosto soppressa».
E faccio grazia di tutto il resto.
Io non ci credo a questo imbottimento di crani. Credo che si siano
moltiplicati per mille, come negli specchi dei cinematografi, dei
piccoli episodi inevitabili in ogni elezione. Ma voi potete fare la
distinzione tra queste elezioni del dopoguerra e quelle di prima
della guerra. Prima della guerra si faceva di peggio.
Prima della guerra un professore
di storia moderna — sarebbe meglio dire di storie moderne —
ha fatto una campagna a proposito delle elezioni a Molfetta, nelle
quali era in giuoco contro il repubblicano Pansini. L'egregio
professore diffuse tra l'altro un volume ove il presidente del
Consiglio del tempo (vi domando perdono, onorevole Giolitti, di
questa citazione che vi deve lasciare tranquillo, perché voi
siete arrivato ad un'età in cui le cose si possono vedere
dall'alto con coscienza perfettamente calma), veniva chiamato
ministro della malavita.
(segue...)
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