(segue) Su l'indirizzo di risposta al discorso della Corona
(7 giugno 1924)
[Inizio scritto]

      6°) che moltissime armi e munizioni furono distribuite e parecchie somme furono inviate ai fiduciari per acquistarne.
      E i partiti sovversivi continuano ancora a dire che sono vittime, che in Italia non c'è libertà, che il popolo geme sotto questa pesante catena.
      Ci si accusa di una imprecisazione di programma. Ma questa è una cosa stolida.
      Nessun partito ha dei programmi precisi, i programmi li dà la vita.
      Ognuno è capace di mettersi ad un tavolo e risolvere tutti i problemi dello scibile umano, tutti i problemi dell'universo: si tratta di vedere quali di questi problemi quali di queste soluzioni possono avere un risultato pratico o soltanto il principio di una attuazione concreta.
      Del resto noi abbiamo già attuato un programma. Noi avevamo un programma; esso è basato sopra un principio unitario, sopra una concezione classica dello Stato, e in tutte le occasioni questo programma si ritrova. In tutte le occasioni questo principio si ritrova affermato.
      Dice l'onorevole Gronchi: «Definitemi lo Stato». Ebbene: noi prima di definirlo lo abbiamo conquistato.
      Del resto lo Stato fu definito in mille modi, da Platone in poi. Io le posso mandare un «Larousse» qualsiasi, e vi troverà centinaia di definizioni. Io stesso, per esempio, impiegato di Stato (e me ne vanto, tanto che un giorno o l'altro voglio venire alla Camera con un paio di fiammanti manopole), io ho cercato di definire lo Stato come un sistema di gerarchia. E l'altro giorno ho detto che la politica, la quale è pur tipica funzione dello Stato, è il sistema di rompere gli equilibri e di ricomporli.
      Tutti hanno dato una definizione dello Stato. Ieri sera, rileggendo Carlo Cattaneo, ho trovato una definizione dello Stato che è singolarissima, e che si riattacca a quanto ho detto l'altro giorno, quando ho parlato dinanzi all'assemblea dei Sindacati fascisti.

(segue...)