(segue) Su l'indirizzo di risposta al discorso della Corona
(7 giugno 1924)
[Inizio scritto]

      «Questo il compito per una opposizione brillante, che non si abbandoni ad un meschino pettegolezzo politico, ma che assurga qualche volta alla comprensione e alla trattazione dei grandi problemi della storia».
      Facchinetti. — Su questo punto ho detto che aveva ragione.
      Mussolini. — Ma non avete seguito il mio consiglio!
      Prima di passare a vedere che cosa si può fare per il futuro, credo che valga la pena di esaminare se c'è possibilità di trarre da queste circostanze che hanno una certa solennità, e ad ogni modo rappresentano un inizio di vita nuova, un cominciamento, come si dice in certo gergo filosofico, di trarre una sintesi dal travaglio storico che abbiamo vissuto dal 1919 ad oggi.
      È un tentativo che faccio: non so se vi riuscirò.
      Lo Stato liberale, quel complesso di dottrina e di pratica corrente che si assomma in questo termine di Stato liberale, esce dalla guerra malconcio. Esce dalla guerra con i muscoli esauriti, con una circolazione del sangue assai stracca. Ciò è facilmente comprensibile: la guerra è stato uno sforzo enorme, imponente, estenuante.
      Tutti gli Stati, tutti i regimi ne hanno sofferto e non poteva non soffrire il regime che era il più impreparato, mentre aveva soltanto la preparazione di un esercito, il che è cosa profondamente diversa. E lo abbiamo visto!
      Contro questo Stato liberale, che era diventato una espressione priva di qualsiasi contenuto materiale, si scatenarono due offensive. La prima offensiva è quella sovversiva che culminò con l'occupazione delle fabbriche. Non bisogna credere tuttavia che, dopo questo, gli elementi antifascisti non abbiano dato altra prova di attività, perché tali attività antifasciste vanno sino all'agosto 1922, cioè a due mesi prima della marcia su Roma, al famoso sciopero legalitario proclamato, e fu nostra fortuna, dalla Alleanza del lavoro.

(segue...)