(segue) Su l'indirizzo di risposta al discorso della Corona
(7 giugno 1924)
[Inizio scritto]

      Ma bisogna vigilare. Ecco perché accanto alla politica estera di pace — perché la sola pace ci può permettere di ritornare in piedi — bisogna tenere pronte ed efficienti tutte le nostre forze di terra, di mare e di cielo.
      Si è detto: «Che cosa pensate della Società delle Nazioni?». E ciò perché nel discorso della Corona non si è fatto un accenno all'Istituto Ginevrino. Rispondo: nella Società delle Nazioni bisogna restarci.
      Bisogna restarci non fosse altro perché ci sono gli altri, i quali, se ce ne andassimo, sarebbero contentissimi; farebbero i loro affari, tutelerebbero i loro interessi senza di noi, e magari contro noi.
      Che cosa possa diventare la Società delle Nazioni, se essa sia una cosa seria o un tentativo puramente embrionale destinato a fallire, se la Società delle Nazioni possa diventare un super-Stato — ciò che io escludo — che annulli l'autorità degli altri Stati, ed abbia un super-esercito, il che è impossibile, tutto ciò può essere oggetto di discussione in separata sede. Ma nella Società delle Nazioni si trattano problemi e si prendono decisioni che ci interessano e l'Italia non può rimanere assente.
      Ritornando alla politica interna, io mi propongo di far funzionare il Parlamento. Ciò non deve stupire. Il Fascismo è stato sempre elezionista, anche troppo: ora sarebbe ridicolo che, essendo elezionisti, non accettassimo anche le conseguenze di questo elezionismo, cioè il Parlamento, cioè l'attività legislativa.
      Vi ho già detto che di decreti-legge non se ne faranno. Bisogna discutere i bilanci; abituare la gente a leggere nelle cifre: quello è il vero controllo.

(segue...)