(segue) Ai combattenti romani
(7 agosto 1924)
[Inizio scritto]
Commilitoni che avete con me
vissuto lungamente per mesi ed anni la fangosa trincea, commilitoni
che avete sofferto e lottato e sanguinato come soffriva e lottava
l'umile fante, commilitoni che avete fatto della Vittoria il sangue
del vostro sangue, lo spirito del vostro spirito, ditemi,
commilitoni: Volete tornare veramente indietro?
È pensabile, è
soltanto pensabile, che i combattenti italiani, il fiore delle
generazioni che ci diedero Vittorio Veneto: è soltanto
pensabile che i Fanti reduci dalla guerra possano costituire la massa
di manovra di una opposizione che è troppo variopinta per
essere sincera?
Ebbene, allora io vi proclamo che
stoltizia somma è quella di voler mettere in contrasto i Fanti
con le Camicie nere perché, bisogna dichiararlo ancora una
volta fortissimamente, nelle file del Fascismo i migliori vengono
dalle trincee; ed io dichiaro che farò tutto il possibile per
evitare contrasti fra coloro che sono stati gli artefici della nostra
indimenticabile e gloriosa Vittoria.
Combattenti di Roma! Vi rinnovo il
mio grazie. Voi sapete che io sono e resto sulla breccia; sono legato
non al mio capriccio, ma alla mia consegna di soldato.
Debbo compiere e compirò il
mio dovere preciso. Ora sono sicuro che voi mi assisterete in questa
difficile fatica. Sono sicuro che se io vi chiedessi prove ed
attestazioni più ancora che solenni, di solidarietà e
di sacrificio. Voi, Fanti di Roma. Voi, Fanti d'Italia, rispondereste
ancora una volta con voce di tuono: «Presente!».
|