(segue) Il Governo Fascista e la Nazione
(4 ottobre 1924)
[Inizio scritto]

      Oggi la burocrazia è conscia dei suoi doveri. Credo che debba essere ancora curata in certi suoi bisogni di ordine materiale e morale. L'ideale si riassume in questa formula: pochi impiegati ben pagati che possano condurre un treno di vita dignitoso e probo.
      Voglio fare, presente il ministro dell'Istruzione Pubblica, che ho voluto assumere al Governo perché — più gentiliano di Gentile — continuasse nella strada battuta dal suo predecessore, l'apologia della riforma scolastica.
      Non si era mai riusciti a vararla perché bisognava fronteggiare una coalizione imponente degli studenti, dei padri di famiglia, delle madri, dei professori e anche delle opposizioni generiche che cercano ogni pretesto per combattere il Governo.
      Si parlava di ciò da 50 anni; ebbene molti di quelli che sono stati oppositori accaniti di quella riforma oggi riconoscono che nella scuola c'è uno stile diverso. I professori sono costretti a studiare, a rimodernare i loro cervelli, a non anchilosarsi nella ripetizione dei libri passati. Gli studenti debbono studiare perché questo è il loro preciso dovere. I padri e le madri che trascuravano questo lato così importante della vita dei loro figli oggi sono forzati a interessarsi dei problemi scolastici.
      C'è tutto un nuovo sangue che circola nelle nostre istituzioni scolastiche. Vi sono dei dolori, come è naturale. Se una riforma non lacera degli interessi acquisiti, è una riforma che non lascia traccia.
      La stessa riforma universitaria oggi è salutata come un avvenimento di grande portata nella storia dello spirito della Nazione. Abbiamo delle Università e ne avremo ancora delle nuove perché il Governo non vuole spegnere, ma dare incremento alla coltura italiana. Ne sorgerà una a Milano, degnissima di avere una Università; una a Firenze, altra città degnissima di avere una Università; finalmente una a Bari, che dovrà essere un grande richiamo per tutti i popoli dell'Oriente.

(segue...)