(segue) Il Governo Fascista e la Nazione
(4 ottobre 1924)
[Inizio scritto]
Nel 1925 ricomincierà la
lotta per la conquista dei mercati. Credete voi che ci possiamo
trastullare con dei giocattoli a uso interno quando domani possiamo
essere di fronte alla prova in cui si deciderà se saremo vivi
o no, se diventeremo colonia o resteremo grande potenza?
Questi, o signori, sono i problemi
prospettati, così grosso modo, perché non voglio
abusare della vostra intensa pazienza coi problemi gravi quotidiani
dei piccoli comuni come delle grandi città, delle regioni,
problemi che interessano tutta la popolazione, problemi igienici, di
coltura, economici, militari, esteri; una mole enorme di lavoro. Come
si potrebbe pretendere la saggezza assoluta e la infallibilità?
Qualche volta bisogna sbagliare. È
fatale che si sbagli.
Anche la politica è
esperienza. Si dice: voi avete abolito qualche volta quello che
avevate fatto ieri. Ma è naturale. Come si deve mantenere
quella legge che l'esperienza dimostra errata? Si dovrebbe dunque
solo per onore di firma mantenersi nell'errore? Io credo che nessuno
di voi approverebbe questa pratica di Governo. Riconosco che abbiamo
commesso degli errori; ma ci siamo trovati di fronte ad un cumulo di
macerie. C'era tutto da rifare.
C'era da riformare lo spirito
della Nazione, c'era da dare una linea a tutta l'amministrazione
dello Stato, c'erano da fissare degli obiettivi e delle mete e
gl'istrumenti per raggiungerle. Tutto ciò è stato fatto
da noi, da noi che siamo degli uomini non degli dei, uomini come voi,
né peggiori, né migliori di voi, e quindi soggetti a
tutte le passioni e a tutte le fallacie umane.
E appunto per questo, per la mole
imponente dei problemi, per la delicatezza di questi problemi ed
anche per la pochezza delle forze umane, noi non respingiamo nessuna
collaborazione.
(segue...)
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