(segue) Il Governo Fascista e la Nazione
(4 ottobre 1924)
[Inizio scritto]
Sarebbe bellissimo se si potesse
estendere il criterio della collaborazione a tutti. Un cantiere
sonante in cui tutti lavorino concordemente. Ma questo non è
possibile.
Non bisogna pretendere che un
Governo come questo, come quello che ho l'onore di dirigere, vada in
giro a cercare i collaboratori.
È una questione di dignità
e di coerenza oserei dire storica, se non avessi in orrore le parole
grosse.
Io non so se il discorso che ho
improvvisato sia un discorso politico; tutto sta ad intendersi su
questa parola «politico».
E non so neanche se ho detto tutto
quello che mi proponevo di dire e che avevo segnato in questi
appunti. Non volevo fare una grande orazione, perché non
volevo sedurre, specie di sirena in tight, quei signori che stanno
riunendosi a Livorno.
Tuttavia io credo che questa
esposizione fatta con animo schietto potrà incontrare la
vostra simpatia. Avrò riaffermato i vincoli fra la vostra
Associazione veramente gloriosa ed il Governo.
Non è senza ironia che si
verifica questo caso: che l'Associazione Costituzionale di Milano,
una delle più antiche Associazioni, invita a parlare quegli
che dovrebbe essere l'eversore della Costituzione. Evidentemente voi
non credete a questa accusa. Tutte le leggi umane, non quelle divine,
sono il risultato di uno sforzo di uomini. Altri uomini vengono,
modificano, aboliscono, perfezionano. Non ci vuole nulla ad abolire.
Distruggere è facile, ma ricostruire è difficile.
Ho già detto che non
vogliamo toccare i muri maestri, ma la sistemazione interna si; è
necessario perché oggi l'Italia che ha pure una grande
industria ed anche una grande agricoltura, che è piena di
fermenti di vita, non è più quella del 1848, del 1830.
(segue...)
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