(segue) La politica estera alla Camera
(15 novembre 1924)
[Inizio scritto]

      I trattati di commercio non devono essere valutati soltanto dall'aspetto puramente economico, ma anche dall'aspetto politico. Io, anzi, li intendo sempre come un complemento dei trattati politici.
      Io immagino il trattato politico come il preambolo del trattato di commercio, e immagino tutti e due i trattati come la preparazione a dei rapporti colturali, come la preparazione dei vincoli di amicizia solida, cordiale, che non sia soltanto amicizia di Governi, ma profonda amicizia di popoli.
      Qualcuno di voi mi può domandare: credete che la situazione europea sia stabile? Io rispondo che è difficile fare profezie in siffatta materia. L'imprevisto è nella storia.
      Debbo tuttavia ammettere che la tendenza dei Governi è una tendenza pacifica. Però ci sono problemi che non sono stati risolti dai trattati di pace. I problemi che i trattati di pace hanno posto, questi problemi pesano sull'avvenire onde è necessario che la politica italiana sia accorta, vigilante, circospetta e preparata. Bisogna che gli italiani si interessino dei problemi di politica estera, perché una nazione esiste in quanto fa della politica estera. Anche le piccole, quelle che si potrebbero chiamare Nazioni microscopiche, fanno una politica estera. Perché?
      Perché devono avere relazioni col mondo circostante.
      Vengo ad un punto che può interessare l'Assemblea, ed è questo: che significato io annetto all'ordine del giorno?
      Io vi annetto un significato di fiducia generale, complessiva.
      La politica di un Governo non è politica fatta a segmenti come un lombrico, di cui ciascun segmento vive di vita propria..., la politica estera non è ordinaria amministrazione, non è un dicastero qualsiasi.

(segue...)