(segue) Discorso del 3 gennaio
(3 gennaio 1925)
[Inizio scritto]

      Pena di morte? Ma qui si scherza, signori! Prima di tutto la pena di morte bisognerà introdurla nel Codice penale e poi comunque la pena di morte non può essere la rappresaglia di un Governo.
      Deve essere applicata dopo un giudizio regolare, anzi regolarissimo, quando si tratta della vita di un cittadino! Fu alla fine di quel mese che è segnato profondamente nella mia vita, che io dissi: Voglio che ci sia la pace per il popolo italiano, e volevo stabilire la normalità della vita politica italiana.
      Ma come si è risposto a questo mio principio? Prima di tutto con la secessione dell'Aventino, secessione anticostituzionale e nettamente rivoluzionaria. Poi con una campagna giornalistica durata nei mesi di giugno, luglio, agosto, campagna immonda e miserabile che ci ha disonorati per tre mesi. Le più fantastiche, le più raccapriccianti, le più macabre menzogne sono state affermate diffusamente su tutti i giornali. C'era veramente un accesso di necrofilia.
      Si facevano inquisizioni anche su quello che succedeva sotto terra: si inventava, si sapeva di mentire, ma si mentiva lo stesso! Io sono stato sempre tranquillo e calmo in mezzo a questa bufera che sarà ricordata da coloro che verranno dopo di noi con un senso di intima vergogna. C'è un risultato di questa campagna! Il giorno 11 settembre qualcuno volle vendicare l'ucciso e sparò su uno dei nostri migliori che morì povero. Aveva sessanta lire in tasca. Tuttavia io continuo nel mio sforzo di normalizzazione o di normalità. Reprimo gli illegalismi. Non è menzogna quando dico che nelle carceri vi sono ancora oggi centinaia e centinaia di fascisti.
      Non è menzogna il ricordo che io ho riaperto il Parlamento regolarmente alla data fissa e che si sono discussi, non meno regolarmente, quasi tutti i bilanci.
      Non è menzogna il giuramento della Milizia e non è menzogna la nomina di generali per tutti i comandi di zona.

(segue...)