(segue) Elogio ai gregari
(28 febbraio 1925)
[Inizio scritto]
La prova sta nel fatto che dopo il
discorso del 3 gennaio c'è stata una ondata di nuovi consensi
per il Governo fascista. Sintomatica è, sotto questo riguardo,
la disgregazione del così detto combattentismo che ha avuto il
grave torto di confondersi con la opposizione dell'aula capitanata
moralmente da Giovanni Giolitti che non voleva la guerra e non fece
nulla, assolutamente nulla, per la Vittoria. Più sintomatico
ancora è il sorgere delle Unioni regionali dei produttori e il
loro atteggiamento di netta adesione al governo. In realtà i
sette partiti dell'Aventino non ispirano fiducia. L'uomo della strada
ragiona e dice: tutti insieme non sono capaci di portare a compimento
la loro opera negativa: abbattere l'attuale Governo; ma anche se —
per dannata ipotesi — vi riuscissero, essi non potrebbero
governare tutti insieme data la disparità dei loro programmi e
nessuno di quei partiti ha forze sufficienti per governare da solo.
Le semplici misure di polizia — poiché le famose libertà
statutarie sono intatte — hanno già ristabilito
l'equilibrio morale che era stato profondamente turbato dalla
inaudita provocazione antifascista, e che minacciava di sboccare
automaticamente nella guerra civile; evento ben più
antistatutario della temporanea pressione su taluni giornali, o della
chiusura di poche decine di circoli malfamati.
Il potere esecutivo ha diritto di
agire in determinate gravi circostanze secondo una sua
«discrezionalità». Quando l'on. Giolitti bombardò
Fiume e compì praticamente la guerra civile, non consultò
lo Statuto, né domandò permessi alla Camera. È
chiaro che sull'uso delle sue facoltà discrezionali il potere
esecutivo rende conto alla Corona, al Parlamento e al popolo. Ognuno
di questi tre Istituti ha praticamente la possibilità di una
sanzione, contro gli eccessi discrezionali del potere esecutivo.
(segue...)
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