Nel sesto anniversario della fondazione dei Fasci
(23 marzo 1925)
Queste poche
parole - pronunziate dal Duce alla folla acclamante, il giorno 23
marzo 1925, dal balcone di Palazzo Chigi - documentano l'ultima
ignobile arma a cui s'era attaccata l'opposizione. Il Duce era stato
ammalato ed era ancora convalescente; le opposizioni si servivano di
questo fatto per diffondere voci allarmistiche su la salute del Duce:
ridotte all'impotenza non esitavano ad appigliarsi, come ad un'ancora
di salvezza, alla più inumana e invereconda fra le speranze.
Non so resistere al desiderio di
farvi sentire la mia voce. Non solo perché ciò vi farà
piacere, ma anche per dimostrare che l'infermità non mi ha
tolto la parola.
La mia presenza a questo balcone
disperde d'un tratto un castello di carte a base di ridicoli «si
dice», di miserabili «corre voce». Voglio invece
dirvi, io, che siamo in primavera ed ora viene il bello. Il bello,
per me e per voi, è la ripresa totale, integrale dell'azione
fascista, sempre e dovunque contro chiunque. Lo volete voi?
(«Sì! sì!»,
rispondono entusiasti i presenti, con una frenetica prolungata
acclamazione).
Camicie Nere dell'Urbe!
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