(segue) Elogio ai gregari
(28 febbraio 1925)
[Inizio scritto]

      Altrettanto vacuo è affermare che il collegio uninominale impedisce la lotta politica su grandi linee programmatiche: se i partiti ci sono, la lotta si svolge sulle grandi linee; se i partiti mancano, nessuno strumento elettorale può crearli.
      Ma perché m'indugio a tessere le lodi del collegio uninominale? Questa è materia opinabile all'eccesso. Si può difendere brillantemente questo ed altro sistema, anche il più paradossale: tutti i sistemi sono buoni o cattivi a seconda delle circostanze di modo, di luogo, di tempo.

      V.
      Infine voglio esaltare il «disinteresse personale» dei deputati fascisti. Non v'è ombra nemmeno vaga di ironia nel mio dire. Portato talvolta a prendere in giro me stesso per il gusto diabolico dello sfottetto — non mi sono io «forse» proclamato imperatore degli impiegati? — ho detto una volta che nella maggioranza c'erano delle «comparse». Questa parola, come molte altre uscite dalla mia penna o dalla mia bocca, ha avuto tanta fortuna da decadere al ruolo di luogo comune. E luogo comune è infatti. La verità è che la maggioranza fascista ha un numero imponente di uomini di primo ordine e tutti hanno rivelato il comune privilegio della fedeltà alle idee.
      Il «disinteresse personale» di cui ha dato prova la maggioranza fascista di fronte alla riforma elettorale è stato splendido. I deputati fascisti hanno ritrovato il motto fatidico: «me ne frego» anche della medaglietta.
      Il Fascismo non sa, non può, e io aggiungo, non deve, parlamentarizzarsi. Meglio le legioni dei collegi. Non c'è bisogno di «sedere» a Montecitorio per servire il Paese e il Fascismo. Qualcuno mi ha accusato di sordido cinismo perché ho strangolato la mia creatura del 6 aprile. Errore. Non è un attentato: è una riprova. Qualcun altro ha definito crudele la disinvoltura con cui ho gettato nella tormenta elettorale gli uomini della mia maggioranza. Si dimentica che la maggioranza è un mezzo, non un fine di governo. Né i fascisti debbono adagiarsi nella posizione di Montecitorio; ma devono essere pronti a ritentare. Può darsi che taluno di coloro che gettò le palline nelle urne non debba — quando che sia — rientrare a Montecitorio, ma la maggioranza è stata compatta — anche nella eventualità del sacrificio supremo — come la falange di Tebe.

(segue...)