(segue) La politica estera al Senato
(20 maggio 1925)
[Inizio scritto]

      Si è accennato dal sen. Di Rovasenda e dal sen. Garofalo agli avvenimenti di Bulgaria. Il Governo italiano è stato, insieme coi Governi alleati, favorevole a che si accordasse al Governo bulgaro la possibilità di avere 10 mila uomini disponibili. Però io penso che il Governo bulgaro sia ormai padrone della situazione; e se non lo fosse temo assai che potrebbero bastare le forze armate a ristabilire una situazione che fosse irreparabilmente compromessa. Indubbiamente bisogna evitare che la Bulgaria diventi un focolare di bolscevismo nei Balcani, che sono già tanto inquieti; ma bisogna anche evitare che eventuali suoi armamenti possano essere motivo di disagio, di controversie e di squilibrio in quelle regioni.
      Il sen. Garofalo ha accennato chiaramente ai rapporti con la Russia. Nessun dubbio sull'utilità del riconoscimento dei Sovieti fatta da questo Governo: utilità politica, forse non immediata ma mediata. Occorreva togliere questa nube che ci impediva di vedere quel che accadeva al di là. Ora noi abbiamo visto che lo spettacolo è interessante. Tutti, compresi gli stessi capi del bolscevismo, ammettono che l'esperimento comunista è fallito in pieno, perché il comunismo, essendo per sua tendenza eguagliatore è contrario alla vita e alla storia, oltre che alla natura che è profondamente disuguale e che vive di questa disuguaglianza.
      Finita l'epoca della guerra civile in Russia, e chiuso il periodo più acuto del terrore, Lenin ha iniziato per sua volontà, quel periodo della nuova politica economica che s'intitola della Nep con un abbreviativo, che ha condotto a questo risultato finora: la creazione di una classe numerosa di contadini piccoli proprietari, che si chiamano in russo Culacchi e che sono anticomunisti. Ha condotto inoltre ad un impoverimento dei ceti professionali, salvo di quelli che si sono ralliés al bolscevismo. Ha condotto infine ad una politica finanziaria che non si diversifica in nulla da quella degli altri paesi. C'è la borsa che funziona, c'è la moneta — e anche assai valutata —, si fanno affari, si è riconosciuto il diritto di proprietà fino ad un certo limite, e di tutto il grande ideale bolscevico non resta che un paravento ad uso estero: il monopolio del commercio estero, che è ancora sottoposto allo Stato.

(segue...)