Fascismo e sindacalismo
(31 maggio 1925)
Questo articolo,
pubblicato su «Gerarchia» alla fine del maggio 1925, pone
le basi essenziali di quegli sviluppi dì pensiero e d'azione
corporativa, che entreranno nella loro fase risolutiva con il
Discorso del 14 novembre 1933.
I.
I grandi scioperi metallurgici di
Lombardia del marzo scorso, le polemiche che vi fiorirono in margine,
le recenti mozioni del Gran Consiglio nella sua sessione di aprile, e
le notizie indiscrete sul lavoro della Commissione dei Diciotto,
hanno rimesso sul primo piano delle discussioni il Sindacalismo
fascista. Per ben tre anni l'esistenza di un Sindacalismo fascista,
cioè di un movimento sindacale guidato da fascisti e orientato
verso le idee del Fascismo, fu ostinatamente negata. Ci voleva, per
dissuggellare gli occhi dei ciechi volontari e fanatici, il fatto
clamoroso: lo sciopero che mettesse in campo le forze sindacali del
Fascismo e che desse in pari tempo allo stesso Sindacalismo fascista
una più risoluta nozione della sua forza e delle sue
possibilità di azione. Prospettati da questo punto di vista,
gli scioperi del marzo hanno una loro particolare importanza: si
tratta di scioperi fascisti, effettuati dopo quasi tre anni di
governo fascista; si tratta di scioperi che documentano l'esistenza
di un «fatto» e di una realtà imponente. Il
Sindacalismo fascista è oramai una realtà nazionale
attuale, dalla quale non si può prescindere. Le «Corporazioni»
non sono entità astratte, ma entità concrete.
Per quanto altri l'abbiano già
fatto, vale ancora la pena di proporsi di studiare, come, quando e
dove sia nato il Sindacalismo fascista; quali siano gli elementi
fondamentali della sua ideologia; quali le sue forze presenti; quali
le sue possibilità future.
(segue...)
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