(segue) Fascismo e Sindacalismo
(31 maggio 1925)
[Inizio scritto]
III.
Nel dicembre del 1921, il Partito
precisa il suo programma di lavoro, e prende questa posizione di
fronte al Sindacalismo: «Il Fascismo — è detto nel
programma-statuto — non può contestare il fatto storico
dello sviluppo delle Corporazioni, ma vuole coordinare tale sviluppo
ai fini nazionali. Le Corporazioni vanno promosse secondo due
obiettivi fondamentali, e cioè come espressione della
solidarietà nazionale e come mezzo di sviluppo della
produzione. Le Corporazioni non debbono tendere ad annegare
l'individuo nella collettività livellando arbitrariamente le
capacità e le forze dei singoli, ma anzi a valorizzarle e a
svilupparle». In questa schematica dichiarazione non vi sono
tutti gli elementi di una dottrina ma gli spunti di una dottrina. Ci
sono dei germi. C'è l'accettazione del fatto sindacale e il
suo coordinamento ai «fini nazionali». C'è la
considerazione della «produzione» di cui le Corporazioni
devono essere elemento creatore. C'è — infine — la
ripulsa dell'egualitarismo socialistico e l'adesione al concetto
delle necessarie varietà e gerarchie. Non vi si parla del
«metodo» di attuazione del Sindacalismo fascista. Lo si
ritiene di competenza specifica delle Corporazioni. Segue invece
nello stesso capitolo programmatico un elenco dei postulati che il
Partito Nazionale Fascista si proponeva di agitare a favore delle
classi lavoratrici e impiegatizie. Vale la pena di riprodurlo per
documentare che tali postulati sono stati realizzati dalla
Rivoluzione, attraverso l'opera del Governo fascista.
1°) «La promulgazione di
una legge dello Stato che sancisca per tutti i salariati la giornata
legale media di otto ore, colle eventuali deroghe consigliate dalle
necessità agricole ed industriali».
Tale legge dello Stato esiste sino
dal 1923 ed è merito esclusivo del Governo fascista l'averla
adottata, in omaggio a quelle convenzioni sociali di Washington,
nella ratifica delle quali — compresa quella delle otto ore —
l'Italia fascista è in testa a tutte le nazioni del mondo. È
di ieri il voto della Camera dei Comuni, contraria alla ratifica
della convenzione delle otto ore, il che deve avere provocato qualche
scompiglio al Bureau International du Travail e qualche pena
all'anima di Alberto Thomas, che del «BIT» è il
massimo «lama».
(segue...)
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