(segue) Fascismo e Sindacalismo
(31 maggio 1925)
[Inizio scritto]
2°) «Una legislazione
sociale aggiornata alle necessità odierne specie per ciò
che riguarda gli infortuni, l'invalidità e la vecchiaia dei
lavoratori sia agricoli che industriali o impiegatizi, sempre che non
inceppi la produzione». Se volessi elencare tutte le
provvidenze d'ordine sociale adottate dal Governo fascista, riempirei
alcune pagine con la semplice numerazione dei decreti. Ricorderò
solo l'ultima: l'erezione in Ente Morale e la concessione di un
milione all'Opera Nazionale del Dopolavoro, la cui importanza ai fini
dell'educazione fisica ed intellettuale delle classi lavoratrici è
già grandissima e più aumenterà nel futuro.
3°) «Una rappresentanza
dei lavoratori nel funzionamento di ogni industria limitatamente per
ciò che riguarda il personale». Questo postulato deve
essere considerato da una parte come un riflesso dei tempi in cui il
Governo di allora nominava una specie di Commissione per effettuare
un'inchiesta sulla produzione e per determinare eventualmente le
modalità di un controllo sulle fabbriche e dall'altra parte
esso postulato segna chiaro il limite della competenza e
dell'intervento dei lavoratori nel funzionamento delle industrie.
4°) «L'affidamento della
gestione di industrie o di servizi pubblici ad organizzazioni
sindacali che ne siano moralmente degne e tecnicamente preparate».
Con che si veniva a porre un principio, ma se ne determinavano subito
le condizioni di possibilità.
5°) «La diffusione della
piccola proprietà in quelle zone e per quelle coltivazioni che
produttivamente lo consentono». Anche qui il postulato
sindacale-fascista si poneva sul solido terreno produttivista. Non la
piccola proprietà per la piccola proprietà — come
l'arte per l'arte — con fini di semplice conservazione sociale;
ma la piccola proprietà, là dove e quando essa aumenti
il patrimonio della effettiva ricchezza e potenza nazionale.
(segue...)
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