(segue) Fascismo e Sindacalismo
(31 maggio 1925)
[Inizio scritto]
IV.
Il Sindacalismo fascista, prima di
essere nazionale fu provinciale e regionale. L'unità nazionale
delle Corporazioni venne assai dopo: quando tutte le file furono
riordinate, quando attraverso discussioni di congressi e di giornali
apparvero definite le linee programmatiche del Sindacalismo
nazionale. Le linee che distinguono il nostro Sindacalismo
dall'altrui sono le seguenti: accettazione dell'idea di Patria come
realtà tangibile e intangibile, il che esclude gli
internazionalismi impegnativi e politici destinati a rifrantumarsi
alla prima occasione, ma non esclude gli utili contatti
internazionali, dove sia dato difendere il lavoro italiano, come le
Corporazioni hanno fatto e faranno nei congressi ginevrini.
L'accettazione dell'idea di Patria, significa la subordinazione
consapevole delle masse sindacali fasciste alle esigenze pacifiche o
guerresche della Nazione. L'importanza di questa accettazione è
ovvia ed immensa. In secondo luogo il Sindacalismo fascista considera
l'elemento capitale, non come un elemento da sopprimere — il
che è praticamente e storicamente assurdo — ma come un
elemento da liberare e da potenziare. Qui la posizione del
Sindacalismo fascista è originale. Liberare e potenziare il
capitale, soprattutto in Italia, dove il capitale — essendo di
formazione recentissima — trova maggiori difficoltà ad
espandersi, perché i buoni posti sono occupati dalle Nazioni
che già da un secolo sono capitalistiche, mentre la nostra
storia capitalistica si può dire che comincia con la guerra e
con il dopoguerra. Le Corporazioni hanno un interesse diretto a che
il capitale italiano sia il più possibile libero da ceppi
interni od esterni. L'antitesi diretta —
capitalismo-proletariato — di origine marxista — esula
completamente dal Sindacalismo fascista, il quale l'ha praticamente
superata nel campo agricolo e ha tentato di superarla, col famoso
Patto di Palazzo Chigi, anche nel campo industriale. Le Corporazioni
possono sperare di migliorare le sorti dei loro Sindacati, se il
capitalismo è potente, non già se il capitalismo è
debole, statico, pauroso. Da queste premesse scaturisce la posizione
del terzo elemento tecnico-operaio. La sua sorte particolare è
legata, in primo luogo, alla sorte generale della Nazione. Se la
Nazione è oppressa, la massa operaia è oppressa. Se la
bandiera della Nazione è rispettata, anche gli operai che
appartengono a quella Nazione sono rispettati. La gerarchia delle
Nazioni si riverbera sulla posizione delle loro classi operaie. Gli
organizzatori di una Nazione vittoriosa hanno una posizione di
preminenza anche nel campo operaio. È il caso classico della
Germania dal 1870 al 1914. Il centro dell'attività proletaria,
dopo la disfatta della Francia, va da Parigi a Berlino. Oggi è
in America. L'«American Federation of Labor» occupa un
posto di privilegio nell'organizzazione mondiale.
(segue...)
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