(segue) Fascismo e Sindacalismo
(31 maggio 1925)
[Inizio scritto]
Né può l'elemento
tecnico-operaio disinteressarsi della sorte del capitale e del
capitalismo, il primo considerato come strumento, il secondo come
sistema sociale. Le condizioni della classe operaia sono legate alle
condizioni di sviluppo del suo proprio capitalismo. Un sistema di
dazi doganali che restringa — ad esempio — le possibilità
di espansione del capitalismo italiano, si ripercuoterà
fatalmente sulle condizioni delle masse lavoratrici. Meno lavoro,
meno salario, meno benessere. Un'industria battuta dalla concorrenza
estera, è un disastro per gli operai che vi sono impiegati. Il
Sindacalismo sa che le rivendicazioni operaie salariali spinte oltre
un certo limite, incontrano ostacoli insuperabili di ordine
obiettivo, che non si possono superare se non coll'artificio, foriero
di crisi.
D'altra parte, la Nazione, intesa
nel suo complesso di forze politico-morali, non può
prescindere dal destino delle moltitudini che lavorano, poiché
il suo interesse immediato e mediato è di inserirle —
come più volte fu detto — nel suo organismo e nella sua
storia. Altrettanto dicasi dei datori di lavoro, i quali hanno un
interesse obiettivo a tenere il più possibile alto lo standard
of life dei loro operai, poiché ciò significa maggiore
tranquillità nelle officine, maggiore e migliore rendimento
delle prestazioni, quindi maggiori possibilità di vincere la
concorrenza altrui. Un capitalista intelligente non può sperar
nulla dalla miseria. Ecco perché i capitalisti intelligenti
non si occupano soltanto di salari, ma anche di case, scuole,
ospedali, campi sportivi per i loro operai.
Da quanto sopra risulta chiaro che
le tre forze storiche da noi prese in esame — Nazione,
Capitale, Corporazioni — non sono in antitesi irriducibile come
predicarono — con imprecisa visione dei fenomeni economici —
i socialisti, ma sono in rapporto di stretta interdipendenza fra di
loro, dalla quale interdipendenza scaturisce la necessaria
coordinazione. In questa chiara nozione è il nocciolo del
Sindacalismo fascista per il quale la collaborazione è regola
e la non collaborazione l'eccezione. Tale concezione del Sindacalismo
fascista trovò la sua espressione nell'ordine del giorno
votato a Palazzo Chigi il 19 dicembre del 1923, in una riunione
tenutasi sotto la mia presidenza fra i rappresentanti delle
Corporazioni e quelli della Confederazione dell'Industria. Vale la
pena di riprodurre quell'ordine del giorno:
(segue...)
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