(segue) Fascismo e Sindacalismo
(31 maggio 1925)
[Inizio scritto]
«b) di nominare una
Commissione permanente di cinque membri per parte, la quale provveda
alla migliore attuazione dei concetti su esposti sia al centro sia
alla periferia, collegando gli organi direttivi delle due
Confederazioni, perché l'azione sindacale si svolga secondo le
direttive segnate dal Capo del Governo.»
Quest'ordine del giorno sollevò
allora vivaci polemiche e facili ironie. Il Sindacalismo fascista
veniva intanto riconosciuto come unico rappresentante delle masse
operaie industriali. Per tutto il 1924, il Sindacalismo fascista fu
sottoposto a un gioco che consisteva nel gridargli: «schiavista!»
se non faceva sciopero e «anticollaborazionista!» se lo
faceva. Finalmente questa situazione venne, come accade sempre,
risolta dal «fatto» e non dal ragionamento. Il «fatto»
degli scioperi del marzo. Con questi scioperi il Sindacalismo
fascista poteva definire nettamente le sue posizioni: movimento
collaborazionista di regola, ma senza esclusione pregiudiziale
assoluta di lotta.
Già nel 1924 c'erano stati
scioperi fascisti nel Valdarno e in Lunigiana. Davanti a quelli di
Lombardia bisognava oramai dare il diritto di cittadinanza allo
sciopero, anche nella concezione del Sindacalismo fascista: uno
sciopero che sia l'eccezione nei rapporti fra capitale e lavoro, così
come la guerra è l'eccezione nei rapporti Ira i popoli. Io
stesso presentai ed illustrai gli ordini del giorno che qui
ripubblico, perché restino consegnati a queste pagine:
«Il Gran Consiglio, presente
il Direttorio delle Corporazioni, riafferma i suoi postulati di
collaborazione fra tutti gli elementi della produzione purché
tale collaborazione sia intelligente e reciproca;
«considera lo sciopero
effettuato dalle Corporazioni come un atto di guerra al quale —
eccetto per i pubblici servizi — si può fare ricorso
quando tutti i mezzi pacifici siano stati tentati ed esauriti, poiché
lo sciopero danneggia i datori di lavoro, ma incide sui bilanci
operai, e arresta il ritmo della produzione, del che approfittano
immediatamente le vigili concorrenze straniere per ostacolare la
nostra indispensabile espansione economica nel mondo;
(segue...)
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