(segue) Fascismo e Sindacalismo
(31 maggio 1925)
[Inizio scritto]

      «stabilisce nettamente la differenza tra lo sciopero fascista che è una eccezione ed ha in se stesso i suoi obbiettivi definiti, e lo sciopero socialista che fu una regola ed è sempre considerato e praticato come un atto di cosiddetta ginnastica rivoluzionaria a fini remoti ed irraggiungibili;
      «determina che nella eventualità di una proclamazione ed attuazione dello sciopero deve essere evitato ogni inutile allargamento del movimento e la proclamazione di scioperi di solidarietà i quali, come una lunga e dolorosa esperienza ha dimostrato, non giovano agli operai in sciopero, e ne aumentano il disagio;
      «stabilisce che chiamandosi le Corporazioni fasciste ed essendo in realtà una grande ed originale creazione del Fascismo, lo sciopero deve avere l'autorizzazione preventiva degli organi supremi delle Corporazioni e del Partito, senza di cui il Partito avrà la facoltà di sconfessare il movimento ed i suoi iniziatori;
      «si dovrà procedere anche ad una revisione dei quadri dei dirigenti del movimento sindacale. I segretari provinciali devono essere nominati di comune accordo tra le Corporazioni con il Partito e le Federazioni provinciali fasciste;
      «il Gran Consiglio dichiara che questa mozione è fondamentale ed invita tutti gli organi delle Corporazioni e del Partito a pubblicarla nei giornali, ad illustrarla ai Sindacati e ad attenervisi rigorosamente con quel senso di consapevole disciplina che è la caratteristica, il privilegio e l'orgoglio del Fascismo Italiano.»
      «Il Gran Consiglio, udite le dettagliate relazioni dei membri del Direttorio delle Corporazioni per le singole industrie, prende atto con vivissima soddisfazione dell'imponente sviluppo organizzativo delle Corporazioni; richiama talune organizzazioni di datori di lavoro al rispetto dei postulati del concordato di Palazzo Chigi, altrimenti il Fascismo prenderà le misure necessarie onde spezzare il monopolio di quelle organizzazioni che anteponessero ciecamente i loro interessi individuali a quelli della produzione e della Nazione.»

(segue...)