(segue) Fascismo e Sindacalismo
(31 maggio 1925)
[Inizio scritto]
Questi ordini del giorno non hanno
bisogno di postille.
V.
Liquidata da una parte la
posizione retrospettiva degli scioperi e precisate le linee del
futuro, è necessario ora esaminare la consistenza effettiva
delle forze sindacali fasciste. Faccio ammenda di un mio precedente
scetticismo in materia. La presa di contatto fra lo Stato Maggiore
delle Corporazioni sindacali fasciste e il Gran Consiglio, è
stata, a tal riguardo, utilissima. Non solo il Sindacalismo fascista
esiste, ma dispone di forze numeriche imponenti tanto fra le masse
rurali, come fra le masse urbane. L'ipotesi di un Sindacalismo di
eccezione, limitato a talune categorie particolarmente privilegiate
di salariati, di tecnici o di professionisti, è stata
oltrepassata dalla realtà. Il Sindacalismo fascista è
oramai un fenomeno di masse e tale deve restare. Dalle relazioni che
mi furono cortesemente rimesse in sedute del Gran Consiglio dai
segretari delle Corporazioni e che io ho, di poi, attentamente
esaminate, risulta non solo l'efficienza numerica delle Corporazioni,
ma la documentazione delle notevoli e incessanti conquiste da esse
realizzate.
La Corporazione dell'Impiego non
ha che due anni di vita, e già conta ben «trentanove
Sindacati nazionali». Essa ha ottenuto per gli impiegati degli
Enti Locali miglioramenti che vanno dal 10% al 50% d'aumento sugli
stipendi di prima. Per gli impiegati degli Istituti Privati di
Assicurazione sono stati conclusi patti di miglioramento notevoli,
quali, ad esempio, quello per la «Fondiaria» di Firenze,
col quale si apportano aumenti medi di circa 300 lire mensili per
ogni impiegato; quelli stipulati a Genova con l'Istituto Nazionale
Assicurazioni (agenzia generale), con l'Istituto Riassicurazioni
Generali, e con la Cassa Navale, che portano aumenti medi del 35%
sugli emolumenti già percepiti; quello stipulato a Milano che
porta aumenti variabili da L. 500 a L. 1400 annue per varie categorie
di dipendenti.
(segue...)
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