(segue) Dopo l'attentato Zamboni
(5 novembre 1925)
[Inizio scritto]
Le misure del Governo, consistenti
nell'occupazione di tutte le logge, l'arresto dei colpevoli, lo
scioglimento del partito unitario e la sospensione del giornale La
Giustizia devono escludere altre iniziative di ordine individuale di
qualsiasi specie.
Sono certo che tutti i Fascisti
obbediranno come sempre.
Intanto a Roma,
nel pomeriggio del 5 novembre 1925, una fiumana di popolo si raccolse
in Piazza Colonna per acclamare il Duce. Questi colse l'occasione per
placare gli animi e ottenere da tutti la disciplina. A tal fine, dal
balcone di Palazzo Chigi, pronunciò le seguenti parole:
Popolo di Roma!
Ti ringrazio dal profondo del
cuore per questa tua manifestazione di vibrante simpatia. Nel tuo
grido è la tua anima, nella tua passione è il senso
della tua disciplina.
Tu senti che se io fossi stato
colpito a questa ringhiera sarebbe stato colpito non un tiranno ma il
servitore del popolo italiano.
Il Governo ha preso e prenderà
tutte le misure necessarie per convincere i nemici del regime che non
c'è più nulla da fare.
Ma io esigo, dico esigo, che non
ci siano disordini inutili, che non ci siano violenze sporadiche od
individuali. Me lo promettete voi?
(«Sì, ubbidiamo!»,
risponde la moltitudine).
In questo vostro grido, in questa
vostra risposta, è il segno consapevole del vostro senso di
responsabilità e di disciplina civica
Il mondo deve avere la
documentazione superba ed indiscutibile che da una parte ci sono
delle piccole trascurabili minoranze di fanatici irreconciliabili e
dall'altra parte ci siete voi, ci sono tutti i cittadini coscienti,
c'è la stragrande maggioranza del popolo italiano.
(segue...)
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