(segue) Risposta a Stresemann
(10 febbraio 1926)
[Inizio scritto]

      Affermo, con precisa cognizione dei fatti, che in vasti circoli della popolazione germanica non si è definitivamente rinunziato a questi sogni pazzeschi, anche se il governo germanico si limita oggi a semplici rivendicazioni di ordine culturale, comunque intollerabili con il pieno esercizio della sovranità italiana.
      Né l'on. Stresemann ha detto verbo in risposta alla mia affermazione, che mentre milioni di tedeschi sono stati aggregati in altri Stati, è solo per l'Alto Adige che si è scatenata artificiosamente un'agitazione, a base di consapute menzogne. Non è di ieri l'ordinanza del governo di Praga che impone a tutti i cittadini di quella repubblica, compresi i tre milioni e mezzo di tedeschi, l'uso obbligatorio della lingua ceca in tutte le amministrazioni dello Stato?
      In fine l'on. Stresemann ha difeso con assai deboli argomentazioni la inaudita affermazione del ministro Held, rivolta a sollecitare «la liberazione dei fratelli del Tirolo meridionale». Questa frase figura nel testo stenografico. Sofisticazioni estensive e pietose mistificazioni non fanno che aumentarne il rilievo e la gravità eccezionale. Non basta dire che la politica estera germanica si fa a Berlino e non a Monaco. Ci interessano anche gli uomini che ne parlano dal punto di vista della loro responsabilità e posizione.
      L'on. Stresemann ha girato intorno alla sostanza del mio discorso e si è piuttosto attaccato a dettagli dei quali non ha afferrata la profonda ironia e sui quali tornerò fra poco.
      Ma prima voglio replicare a talune specifiche affermazioni del, discorso di Stresemann.
      Il parallelo che egli fa tra il trattamento reciproco delle minoranze italiane e jugoslave è completamente infondato per ragioni evidenti. Bilateralità di minoranze non esiste fra noi e l'Austria. Così i precedenti storici che Stresemann cita — come il proclama di Pecori Giraldi ed il discorso della Corona — tornano a favore della tesi italiana nel senso che è «alla prova» rivelata l'inefficacia totale di una politica di longanimità eccessiva, che i tedeschi sono stati sempre portati ad interpretare come un segno di debolezza.

(segue...)