Il compito delle assicurazioni
(3 marzo 1926)
Il 3 marzo 1926,
nell'atto d'inquadrarsi nelle Corporazioni, gli agenti generali
dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni furono ricevuti a Palazzo
Chigi da S. E. il Capo del Governo. Al saluto del loro presidente,
on. Salvatore Gatti, il Duce rispose nel modo seguente:
Signori!
Ho ascoltato con grande
soddisfazione il discorso del vostro Presidente. I dati concreti che
egli ha esposto vengono a confermare le confortanti constatazioni che
io avevo già fatte, seguendo l'opera sua e vostra.
Poiché la vostra funzione
non si esaurisce in una meccanica produzione di affari, ma tende ad
alte finalità sociali, voglio dirvi qualche parola in
proposito.
So che l'Istituto va bene, ma deve
andar meglio. La vostra funzione organizzativa e produttiva comporta
una responsabilità di educazione particolarmente difficile in
certe zone di popolazioni proclivi a tendenze spenderecce. È
una funzione altamente morale quella di reagire a queste tendenze. È
una grande vittoria quella di debellarle. Voi combattete anche
un'altra bella battaglia contro le debilitanti abitudini mentali
miracoliste che allontanano dalla previdenza per il miraggio assurdo
che si traduce nella formula «qualche santo provvederà».
È la formula stupida dello «stellone». No. Bisogna
reagire, poiché una tendenza che abituasse il popolo a
rinunciare ad ogni sforzo anche per dominare il destino sarebbe
tendenza suicida. Ogni individuo e ogni popolo è artefice e
responsabile in gran parte del suo destino. Certo anche il destino
conta. Ma la condotta di fronte al destino è quella che
distingue gli uomini e i popoli e che decide della loro sorte. Di
fronte al destino c'è il debole che si piega, e c'è il
forte che non si rassegna e cerca di fronteggiare il destino e di
superarlo e di forgiarsene uno migliore; il debole che vede chiuso il
ciclo delle speranze ed il forte che dal colpo del destino trae anzi
maggior forza per aprirsi una nuova via e per ricominciare la vita.
(segue...)
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